Negli ultimi mesi si sono accavallate notizie di sempre nuovi scandali, a sfondo sessuale, di esponenti della chiesa cattolica. Particolare ironico: negli scandali prevalgono gli aspetti (pedofilia, prostituzione, omosessualità…) maggiormente in contrasto con la dottrina della sessualità che le gerarchie cattoliche pretendono di insegnare – anzi imporre – alla società laica. Per esempio, lo scorso 27 febbraio i vescovi dell’Emilia Romagna, intervenendo a gamba tesa nella campagna elettorale, hanno indicato, fra le richieste cattoliche “non negoziabili”, l’esclusione dal matrimonio civile delle coppie non eterosessuali. Il primo firmatario del comunicato, il cardinale Caffarra, s’è spinto a dichiarare: “È impossibile ritenersi cattolici se in un modo o nell’altro si riconosce il diritto al matrimonio fra persone dello stesso sesso”.
Eppure fra gli scandali recentissimi troviamo:
- Gli abusi nel coro di voci bianche di Ratisbona (scandalo che ha lambito il fratello del papa).
- La rivolta dei cattolici di Bad Toelz contro il parroco pedofilo, ivi trasferito con il benestare dell’allora cardinale Ratzinger, e macchiatosi di nuovi abusi sessuali. Il vescovo di Treviri, Stephan Ackerman, il 17 marzo ha ammesso che la chiesa cattolica ha “insabbiato per decenni”.
- Il caso del corista della cappella papale che a Roma organizzava un giro di prostituzione maschile.
- Lo scandalo dell’occultamento pluridecennale degli abusi dei sacerdoti irlandesi, che ha fatto dichiarare il 18 marzo al primate irlandese, Seán Brady, di stare pensando alle dimissioni.
- La denuncia per truffa di un padre contro l’associazione che prometteva la “guarigione” del figlio gay, fortemente promossa da un sacerdote cattolico, che è la stessa associazione che proclamava di aver “guarito” quel Luca al cui caso Povia ha dedicato l’ineffabile Luca era gay.
- L’accusa del procuratore aggiunto di Milano (cattolico) Pietro Forno, che ha lamentato che la chiesa non collabora nella repressione della pedofilia. Per rappresaglia, il ministro della Giustizia Alfano gli ha mandato gli ispettori.
- La condanna a 3 anni e 8 mesi (il 7 aprile) di don Ilario Rolle, prete anti-pedofili, specializzato nella lotta alla pedopornografia su Internet.
- Il caso gravissimo che ha coinvolto il papa stesso, accusato di avere insabbiato, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, varie e gravi denunce provenienti dagli Usa. Il Vaticano ha opposto l’immunità diplomatica, di cui il papa gode come capo di stato, per evitargli di dover testimoniare.
- A inizio aprile s’è diffusa la notizia che le dimissioni nel 2009 di Georg Müller, vescovo cattolico norvegese, erano dovute a un caso di pedofilia con un chierichetto.
- Degli stessi giorni è la notizia d’un caso che coinvolge 67 ex studenti dell’istituto religioso “Antonio Provolo” di Vicenza…
Occorre continuare? A fronte di questo stillicidio quotidiano di scandali il cardinal Sodano ha paragonato la “persecuzione” del papa a quella del “povero” Pio XII, “ingiustamente” accusato di non aver mosso dito per fermare la Shoah (provocando la comprensibile ira delle comunità ebraiche, liquidata con un “gli ebrei sono sempre così permalosi!” da monsignor De Rosa) mentre l’8 aprile il cardinal Poletto ha sbottato: “Basta, non è necessario che ogni giorno ci sia il gusto sadico e morboso di andare a scovare cos’ha fatto uno 30 anni fa”.
Semplici incidenti di percorso? No, perché gli abusi emergono ormai quasi ogni giorno.
“Persecuzione anticattolica” (simile alla persecuzione antiebraica dei nazisti) come aveva proclamato il 2 aprile padre Raniero Cantalamessa? Neppure, dato che gli scandali riguardano non solo la chiesa cattolica, ma anche chiese protestanti e “psico-sette” (alcune delle quali non sono neppure cristiane, come quella del santone buddista-islamico “Settimo Saggio”, arrestato il 17 marzo per truffa e violenza su bambine) e personaggi pubblici non necessariamente clericali (da Dino Boffo a Piero Marrazzo).Si tratta infatti, più banalmente, dell’esplosione d’un tappo che per troppo tempo aveva chiuso la bottiglia in fermento del cambiamento della morale sessuale, in Italia e nel mondo.
A furia di presentarsi come gli ultimi baluardi della visione tradizionale della sessualità, le istituzioni più sessuofobe sono diventate il rifugio (anzi, la calamita) per omosessuali nevrotici con personalità gravemente disturbata, o di pedofili che solo qui trovano indulgenza.
Gli scandali sono stati poi aggravati dall’ideologia stessa di queste realtà, che considerando la sessualità solo come un pericolo da soffocare li hanno affrontati non quali problemi da risolvere, magari prevenendoli, ma quali conferme della malvagità inevitabile della sessualità umana, e quindi del dovere di soffocarla ancora di più… innescando un assurdo circolo vizioso. Parlo di “assurdità” perché non è possibile definire altrimenti una morale che considera meno grave lo stupro d’una bambina che un atto d’amore omosessuale fra adulti consenzienti, magari innamorati.
O per la quale, secondo l’arcivescovo brasiliano di Recife, José Cardoso Sobrinho, va scomunicata la bambina di nove anni, stuprata e ingravidata, che ha abortito, ma non il suo stupratore. (E non è un colpo di testa isolato: un caso simile si era già avuto nel 2006 in Colombia, coinvolgendo una bimba di undici anni. A chiedere la scomunica era stato il cardinal Trujillo, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia). È impossibile conciliare questa morale con quella condivisa da ogni genitore del mondo che abbia una bambina. Il sentire comune pensa infatti che violentare un bimbo sia sempre atroce, mentre fare l’amore con una persona dello stesso sesso non lo è necessariamente. La chiesa cattolica invece non lo pensa. Sta in questo distacco dal mondo la ragione per cui gli scandali sono destinati solo ad aumentare in quelle istituzioni che vivono seguendo una morale che al mondo – ma non a loro – ormai appare di per sé “scandalosa”.
Del resto il rapporto diretto fra sessuofobia clericale e reati sessuali nel clero non sfugge agli stessi osservatori cattolici, tant’è che in questi mesi abbiamo udito voci anche autorevoli, come quella di Hans Küng, chiedere curiosamente l’abolizione del celibato ecclesiastico per prevenire tali episodi. Però è evidente a tutti che l’imposizione del celibato non “causa” né pedofilia né omosessualità: al peggio causerà infrazioni al voto di castità, che però ognuno commetterà secondo le preferenze sessuali che già aveva. In altre parole il celibato non è il problema, è solo il sintomo del problema.
E il problema è infatti la concezione fobica della sessualità, in bianco e nero, che mette sullo stesso piano lo stupro d’un bambino e una vera relazione d’amore (omosessuale), perché un solo tipo di atto è bianco e tutto il resto è nero. E a questo punto, nel buio, una “trasgressione” finisce per valerne un’altra.
Viceversa, la società laica considera ormai la sessualità come un fenomeno a colori, nel quale esistono sì bianco e nero, ma anche tinte e sfumature, che solo il daltonismo morale della chiesa non riesce a vedere. “È meno grave stuprare una donna che copulare consensualmente fra maschi”. Lo dice la dottrina cattolica da San Tommaso d’Aquino (IIª-IIae, q. 154 a. 12 co.) in poi… però non lo crede più nessuno.
Ciononostante la dottrina morale cattolica dice proprio così. L’arcivescovo José Cardoso Sobrinho è allora una figura tragica, perché non aveva scelta. Non era certo un mostro tale da non capire che ciò che stava facendo era inumano e ripugnante. Però una volta accettato che una dottrina dogmatica non si discute, per quanto mostruosa sia, non si ha scelta. E ci si adegua alla mostruosità, per paura di porsi dalla parte dei “laicisti”, dei “relativisti” che negano che la morale sia indiscutibile. Dimenticandosi così di chi aveva detto l’esatto opposto, cioè che “La Legge è fatta per l’uomo, non l’uomo per la Legge” (Vangelo di Marco, 2:23-28). E scordando pure che: “È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli” (Luca, 17:1-3).
Chissà perché il testo biblico, sempre esibito come ostacolo inamovibile se si parla del diritto all’amore fra persone dello stesso sesso, è platealmente ignorato quando dà indicazioni tanto dettagliate sulla sorte che spetta a chi ha “scandalizzato” i piccoli (e figuriamoci se li ha stuprati).
Ovviamente José Cardoso Sobrinho sbaglia, e se il cattolicesimo nel suo paese perde ormai un milione di fedeli all’anno ciò avviene proprio perché pullula di ministri come lui, e non perché ne scarseggi… Infatti, mentre la società laica valuta il bene e il male della sessualità in base alla presenza o meno dell’amore, del rispetto, del consenso, della complementarità dei partner (ed è in base a questo sistema di valori che in tutto l’Occidente s’è fatto spazio al riconoscimento delle relazione d’amore anche fra persone dello stesso sesso), la chiesa continua ad applicare una morale medievale da allevatori di pecore (o di schiavi), che identifica il “bene” nella sessualità con l’ottimizzazione delle operazioni d’impregnamento.
Certo, per onestà va aggiunto che il problema degli scandali infesta tutto il mondo conservatore, quindi anche la sua parte laica. Anche qui accade sempre più frequentemente, per esempio, di scoprire che gli omofobi più rabbiosi sono in realtà omosessuali nascosti che vivono la loro sessualità fra prostituti e droga. Lo ha ricordato il 3 marzo il caso del senatore californiano ultra-omofobo Roy Ashburn, sorpreso ubriaco dalla polizia su un’auto, proveniente da un bar gay nel quale aveva caricato un prostituto.
Ora, io non sostengo affatto che sia immorale che un politico omosessuale abbia idee ultra-conservatrici, e che in coerenza con le sue idee osteggi i diritti civili delle persone omosessuali. Dico però che è sommamente immorale che, in nome di una morale spacciata per “superiore”, si faccia la guerra a due persone che si amano e chiedono solo che la società riconosca il loro diritto all’amore… per poi vivere la propria sessualità con prostituti (trans o meno) magari pepando il sesso con fiumi di droga.
È immorale che persone che passano la vita a buttare addosso agli altri la croce siano poi le prime a rifiutarla, dimostrano così di trovare ingiusta e inumana la morale che predicano.
È proprio il caso di dire: “Ma senti da che pulpito viene la predica…”.