La prima considerazione che salta alla mente partecipando a un evento di questa portata non può che essere un confronto con il nostro paese: in Italia, ad oggi, una manifestazione così non potrebbe semplicemente svolgersi. Stiamo parlando dei Gay Games (www.games-cologne.de), i giochi olimpici per gay, lesbiche, bisessuali e transessuali che si svolgono regolarmente ogni quattro anni dal non poi tanto lontano 1982, quando l’atleta olimpico Tom Waddell ebbe l’idea di organizzare l’edizione inaugurale a San Francisco (Usa). Colonia (Germania) è stata la città che ha avuto l’onore di ospitarne l’ottava edizione, dal 31 luglio al 7 agosto scorsi, che si annunciava fin da subito come imponente: oltre diecimila atleti provenienti da tutto il mondo (le maggiori rappresentanze da Stati Uniti, Germania, Australia, Inghilterra e Francia) per affrontarsi in quaranta diverse discipline olimpiche (atletica, nuoto, basket, tennis, volley, calcio, golf, nuoto sincronizzato – maschile e femminile – lotta, pallamano, pattinaggio, softball, vela, ciclismo, sollevamento pesi, arti marziali, tra le tante) e non (biliardo, bridge, scacchi, cheerleading, bowling, etc.).
Il paragone si fa poi ancora più stridente quando si pensa che a inaugurare i giochi in forma ufficiale al RheinEnergieStadion è stato il vicecancelliere tedesco e capo del partito liberal-democratico Guido Westerwelle, recentemente uscito allo scoperto con la sua omosessualità, anche se non particolarmente apprezzato dalla comunità tedesca (i fischi al suo ingresso nello stadio sono stati assordanti). La cerimonia ha visto protagoniste le squadre di più di settanta paesi in una emozionante sfilata di presentazione salutata anche dall’australiano Matthew Mitcham, medaglia d’oro nei tuffi alle Olimpiadi di Pechino 2008, e uno dei pochissimi atleti olimpici apertamente omosessuale (fatto che gli ha anche causato qualche problema, dopo i giochi in Cina, per l’ingaggio di nuovi sponsor).
L’International Federation of Gay Games (Fgg), che organizza i giochi, si pone l’obiettivo di promuovere l’uguaglianza attraverso lo sport e la cultura, lavorando in tutto il mondo con altre organizzazioni per difendere i diritti umani fondamentali e la libera partecipazione, laddove l’inclusione di gay e lesbiche nell’ambiente sportivo ancora rappresenti un tabù, o comunque sia diffusa l’idea che sport e omosessualità non siano compatibili (basti ricordare le dichiarazioni che gli allenatori delle nostre squadre di calcio continuano a rilasciare sull’inesistenza di calciatori gay). Sul come perseguire questi obiettivi però non c’è sempre stato pieno accordo, e infatti dal 2003, dopo una scissione dall’organismo principale, è attiva anche la Gay and Lesbian International Sport Association (Glisa), che organizza i World Out Games. Pomo della discordia la gestione economica e la trasparenza finanziaria dei giochi di Montreal del 2006. Da entrambe le parti però è già stata espressa la volontà di unire ancora una volta le forze per dare più visibilità alla comunità lgbt, volontà sfociata in una dichiarazione congiunta contenente l’intento di organizzare a partire dal 2018 un unico evento sportivo internazionale a cadenza quadriennale.
Ma i Gay Games non sono solo sport. Durante tutta la prima settimana di agosto infatti Colonia è stata invasa da numerosi eventi collaterali che hanno contribuito ad arricchire il programma dei giochi. A cominciare dalla International Rainbow Memorial Run, la corsa che ha portato per le vie della città la bandiera multicolore simbolo del movimento in ricordo delle vittime dell’Hiv/Aids e del cancro al seno. E ancora eventi musicali (concerti e contest per cori lgbt), workshop, un festival per band presso l’Università della Musica di Colonia, mostre di arti visive, letture, rassegne cinematografiche, visite tematiche guidate della città e dei suoi monumenti (imperdibile quella sull’omosessualità animale presso lo zoo!), gite in barca sul Reno, corsi di pilates e yoga e perfino momenti spirituali, a cui gli organizzatori hanno voluto dedicare particolare attenzione.
Non potevano ovviamente mancare i party tematici, che hanno animato le calde (si fa per dire, siamo pur sempre nel nord della Germania) serate di Colonia, con proposte ad hoc per tutti i desideri e gusti: female party, gala ball, butch and bear, notti in barca sul Reno, black-party e le grandi feste di apertura e chiusura a cui hanno assistito migliaia di partecipanti scatenandosi al ritmo di house e dance music.
L’atmosfera che si respirava a Colonia era di inclusione e apertura, partecipazione e curiosità (non a caso i principi ispiratori della Fgg sono “Participation, inclusion, personal best”); i cittadini sembravano perfettamente a loro agio in mezzo alle migliaia di atleti lgbt che hanno letteralmente invaso la città, e gli esercizi commerciali hanno fatto a gara per esporre sulle proprie vetrine il logo ufficiale che recitava We are part of it (strizzando forse un occhio anche all’enorme indotto economico che una manifestazione di questo tipo comporta per l’area urbana che la ospita). In piena sintonia con lo spirito che caratterizza molte città tedesche, Colonia si è aperta ai Gay Games mostrando la sua storia recente e passata (dalla fondazione romana alla ricostruzione dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, che avevano raso al suolo quasi il 90% degli edifici), i suoi imponenti monumenti come la celeberrima cattedrale, e gli angoli più nascosti dove godere di un attimo di pace e allontanarsi momentaneamente dalle caotiche Rudolfplatz e Neumarkt, le principali piazze cittadine, nonché sedi dei “Villages”, punti di incontro per gli atleti e gli amici durante il giorno, sedi di spettacoli, presentazioni e lauti banchetti a base di currywurst durante la notte.
L’incontro per l’appunto è stato un altro dei leit motiv dei giochi, e con esso lo scambio: di opinioni, interessi, emozioni, passioni! La possibilità di incontrare uomini e donne provenienti da tutto il mondo con il proprio bagaglio di esperienze da condividere è forse uno degli aspetti più intriganti quando si partecipa ai Gay Olympics (come inizialmente avrebbe voluto chiamarli il suo fondatore, perdendone poi il diritto in tribunale contro l’International Olympic Commitee), e uno dei ricordi che più difficilmente svaniranno una volta rientrati. Ci si può incontrare per strada e fermarsi a chiacchierare per scoprire come è stata vinta una medaglia, temporeggiare dopo una competizione per scattare una foto con gli avversari e scoprire di non essere poi tanto diversi da chi vive a migliaia di chilometri di distanza da te. Si può realizzare, bevendo una birra all’Ex-Corner (il punto di riferimento della zona gay per il pre-serata), di essere seduti al bancone tra un ragazzo che viene da un paese dove è possibile sposarsi e adottare bambini e una donna originaria di uno stato dove l’omosessualità è ancora punita con la pena di morte. In fondo è un po’ questo che rende così speciale l’esperienza di partecipare ai Gay Games: condividere sensazioni durante alcuni giorni, per poi tornare nel proprio paese e “Spread the word. Share the Games”, come veniva ripetuto in continuazione dai diversi palchi: “Diffondete la voce. Condividete i giochi”, fate sapere ai vostri amici, amanti, conoscenti e parenti l’importanza di quello che è avvenuto, e che avverrà ancora. L’obiettivo, per tutti, è quello di contribuire alla costruzione di un mondo più aperto e egualitario.
Insomma, un’organizzazione mastodontica, da fare spuntare la pelle d’oca agli organizzatori dei Gay Pride (almeno quelli nostrani), tanto che verrebbe da chiedersi quale dei due, in sé diversissimi, eventi abbia più ricadute positive sull’immagine che la società si forma dell’omosessualità. Un’organizzazione, da sottolineare, che ha visto la stragrande maggioranza dei collaboratori lavorare volontariamente (voci interne garantiscono che il numero di stipendiati per organizzare l’evento sia stato di tre!); oltre tremila volontari hanno assistito gli atleti e i loro amici durante il soggiorno a Colonia, li hanno seguiti nei trasporti, negli spostamenti, nelle registrazioni, hanno aiutato gli arbitri e gli ufficiali nei loro compiti e hanno in definitiva reso possibile l’evento sportivo più partecipato del 2010. A tutti loro è infatti andato il caloroso ringraziamento degli organizzatori e del vicesindaco di Colonia Elfi Sho-Antwerpes che, durante la cerimonia di chiusura tenutasi sabato 7 agosto nel grande Rheinpark sul Reno, ha dato l’addio ufficiale ai giochi e consegnato la bandiera della Fgg a Cleveland e Akron, Ohio (Usa), le città dove dal 9 al 16 Agosto 2014 si svolgerà la IX edizione dei Gay Games. Per chi non volesse aspettare quattro anni per tornare sui campi sportivi e vincere medaglie, gli atleti lgbt si riuniranno nuovamente a Rotterdam nel 2011 per disputare gli EuroGames (che avranno un’appendice l’anno successivo a Budapest per tentare di introdurre i temi cari alla manifestazione anche nell’Europa dell’est), e a Anversa nel 2013 per la terza edizione dei World Out Games.