Dieci anni di vita sono un bel traguardo per qualsiasi evento culturale e come per ogni anniversario che si rispetti si invitano gli amici a festeggiare. Nel caso di Gender Bender la lista degli ospiti che quest’anno saranno, insieme al pubblico, i protagonisti della decima edizione parte dalla Danimarca per arrivare in Argentina passando per Bulgaria e Sudafrica… Sono nazioni che citiamo tanto per dare un’idea di quanto sarà mondiale l’aria che si respirerà tra Bologna e Modena dal 27 ottobre al 3 novembre.
Il festival indaga, ricerca e si prefigge di approfondire le trasformazioni sociali e i cambiamenti della cultura contemporanea. In un’epoca dove globale e locale si interconnettono in continuazione ma producono risultati che spesso rischiano di essere superati e dimenticati molto rapidamente, diventa necessario trovare il modo di farli conoscere per poi fissarli nelle memoria della storia, in modo da riuscire a tramandare almeno una traccia del loro passaggio.
È dal 2003 che Gender Bender www.genderbender.it, promosso da Il Cassero Gay Lesbian Center e diretto da Daniele Del Pozzo, ricerca artisti visivi, musicisti, registi cinematografici e teatrali, coreografi e scrittori che producono visioni e immaginari innovativi e costruttivi, legati alle identità di genere, alle differenze di orientamento sessuale e alla rappresentazione del corpo nel presente che viviamo. Giocando con il termine italiano “genere”, traducibile in inglese come genre se parliamo di correnti artistiche e di gender se invece ci riferiamo all’identità personale, la rassegna “piega” le categorie precostituite offrendo una solenne ubriacatura (una delle possibili definizioni di bender) di esperienze intellettuali.
Il tema di quest’anno è l’evoluzione, e se nella locandina si vede lo scheletro di un piede a cui è nato un tacco a spillo sul tallone come adattamento biologico, il sottotesto è che in tempi di crisi è solo la differenza rispetto al “normale” che produce le varietà che sopravvivono ai cambiamenti, e anche la cultura glbt si sta adeguando di conseguenza.
Partiamo allora dal cinema, con alcuni titoli che, purtroppo, non troveranno mai una distribuzione nazionale malgrado il loro valore e la loro qualità. Nordzee Texas diretto da Bavo Defurne è un magistrale affresco velato di una malinconia che solo i fiamminghi sanno esprimere. Una storia ambientata alla fine degli anni ’60 che vede per protagonisti due ragazzi adolescenti e i loro ambiti familiari disfunzionali, dove la scoperta del sesso e del sentimento sono un raggio di luce in una esistenza grigia e piatta come il Belgio (non per niente Jacques Brel lo cantava come le plat pays qui est le mien) ma che illumina anche le difficoltà dell’accettarsi, del farsi accettare e del comprendere le vite altrui. Crescendo con l’età e superati i pudori, storie brevi dove il sesso è il filo conduttore di tutte le trame compongono invece Sexual Tension: volatile di Marco Berger (già regista dell’acclamato Ausente) e Marcelo Mónaco, da non perdere se vi piace osservare con dovizia di particolari bei corpi maschili. Keep the Lights On, vincitore del Teddy Award al Festival di Berlino e considerato dal Village Voice un candidato a miglior film Usa dell’anno, racconta con coraggio e in modo intimo e struggente la storia d’amore tra Erik e Paul, dal loro primo incontro e per i successivi dieci anni vissuti come su una montagna russa emotiva, alla ricerca di un senso di normalità che però affonda nelle sabbie mobili della tossicodipendenza e del tradimento, per cui o si impara a sostenersi a vicenda o si finisce per crollare in due.
Presentato in una proiezione speciale al 65° Festival di Cannes, Les Invisibles di Sébastien Lifshitz è un film-documentario che mette insieme una galleria di esistenze e di esperienze di uomini e donne che decisero di vivere senza più nascondere la loro omosessualità in un epoca, gli anni ’70, in cui la società francese non era ancora davvero pronta ad accettarli. La reazione ai loro coraggiosi coming out fu l’ostracismo da parte di coloro che non li volevano vedere, facendoli diventare quindi “invisibili”, una condizione che poteva anche diventare un sistema di difesa per riuscire a vivere.
Grandi nomi della danza sono al centro della scena con un programma a cura di Roberto Casarotto. I-ON è una performance del bulgaro Ivo Dimchev in collaborazione con lo scultore austriaco Franz West. Coreografo e performer che mescola danza, teatro, musica, disegni, fotografia e improvvisazione, potete vedere estratti dei suoi spettacoli e immagini delle sue opere sul sito www.ivodimchev.com. Direttore artistico della compagnia “Projects in movement”, gruppo di danza contemporanea con base a Madrid, l’israeliano Sharon Fridman presenta Hasta dónde…?, coreografia vincitrice del Certamen Internacional de Coreografía Burgos-New York 2011, di cui si possono vedere degli estratti su YouTube. Un pas de deux tra due danzatori fatto di movimenti calibrati e precisi al millimetro, che portano al limite le possibilità della danza contact attraverso una concatenazione vertiginosa e continua di movimenti che non concedono pause all’attenzione dello spettatore. Un ballo furioso e sensuale spinto all’estremo in un gioco continuo di improvvisazione. In Por sal y samba dello spagnolo Carles Casallachs, le luci si accendono su una coppia che balla un samba senza musica in un rapporto che di scena in scena precipita nel sadomasochismo. Lo spettatore diventa quindi e inesorabilmente un voyeur e il costante slittamento tra danza e violenza porta il pubblico a riconsiderare costantemente la propria posizione in questa situazione. Un gioco di seduzione e tortura, piacere e dolore, dal quale il pubblico non può chiamarsi fuori.
Per le arti visive, la New York degli Anni ‘70 e ‘80 è al centro della collettiva di Peter Hujar, Mark Morrisroe e Jack Smith dal titolo Changing Difference. Queer Politics and Shifting identities alla Galleria Civica di Modena, Palazzo Santa Margherita e Palazzina dei Giardini. La mostra prende in esame il lavoro di tre influenti artisti, image-maker e operatori della cultura underground tracciando paralleli e mettendone in risalto analogie, pur nel rispetto dell’individuale sensibilità artistica di ciascuno dei protagonisti. Di Peter Hujar è da citare sicuramente la fotografia di Candy Darling sul letto di morte, un attore statunitense transessuale celebre sia come superstar della Factory di Andy Warhol che per aver ispirato alcune canzoni del gruppo rock The Velvet Underground. Lo scatto in mostra è stato utilizzato da Antony and the Johnsons per la copertina dell’album I Am a Bird Now. Jack Smith fu il re della scena dell’arte anti gallery-system di New York e le sue fotografie influenzarono Nan Goldin, la sua performance art Cindy Sherman e i suoi film aprirono la strada per registi come David Lynch e John Waters. Mark Morrisroe fu conosciuto invece soprattutto per le sue performance e le sue fotografie sviluppate durante il periodo punk di Boston negli anni ’70 e il rinascimento artistico di New York del decennio successivo. Le sue fotografie sono principalmente costituite da ritratti dei suoi amanti, dei suoi amici, prostitute o gente che passava per il suo appartamento e mescolano innocenza e sensualità come un Rimbaud postmoderno.
Per la parte letteraria della rassegna felice ritorno “a casa” anche se è triestino di origine, per Alessandro Fullin che introduce il suo nuovo libro dal titolo Pomodori sull’orlo di una crisi di nervi. La vera cucina gay italiana, prezioso ricettario, con piatti assolutamente sperimentati ma riletti in chiave camp e surreale. Una presentazione che si annuncia come una vera e propria performance letterario-gastronomica, in dialogo con il co-autore Stefano Chiara, cuoco. Altro incontro di notevole interesse è quello con Virginie Despentes, brillante e controversa scrittrice, teorica e regista francese, la cui produzione ruota attorno a una lucida analisi del ruolo della donna nella società contemporanea, e la cui compagna è la filosofa Beatriz Preciado, autrice del celebre Manifesto contra-sessuale, un punto di riferimento indispensabile per la teoria queer.
Il festival naturalmente vive anche di notte, proponendo ai clubber più accaniti i nuovi fenomeni che stanno dettando le linee guida sia degli stili musicali che dei nuovi modi di vivere l’entertainment notturno. Il risultato è un programma eterogeneo che abbraccia le multiformi espressioni della nightlife gay, lesbica e queer. Con “Studio 54 party” torna la festa più esclusiva che il Cassero abbia mai ospitato: un florilegio di luccicanti disco balls, piume, diamanti, personaggi curiosi, drag queen talentuose e sfigate, modelle fatte e sfatte, animatori dai pettorali guizzanti e mille altre sorprese. “Lesborama party” è la serata Gender Bender per ragazze in libertà: una one night con le più famose dj e musiciste europee, vere e proprie regine dei dance floors internazionali. Chiude la sezione “Omonoia party”, con la crew di Omonoia che è responsabile di alcuni degli eventi più visionari della scena queer italiana. Mescolando nonsense, provocazione, ironia, esibizionismo e humour, il tema di questa special edition è l’utopia, ovvero preparatevi a perdere la testa se si spengono i lumi della ragione. E voi, siete pronti a perdere la bussola?