La genitorialità gay è un fenomeno emerso con forza negli ultimi anni. Molte coppie omosessuali decidono di avere dei figli per coronare la loro vita di relazione ma molti si scoprono omosessuali dopo aver vissuto in una coppia eterosessuale e avere avuto dei figli. Per questo esiste la Rete dei Genitori Rainbow, una associazione di persone glbt con figli avuti da precedenti relazioni eterosessuali, con un sito curatissimo (www.genitorirainbow.it) e una linea di ascolto (06 991 96 976 ogni lunedì dalle 21:30 alle 23:30). La Rete promuove la Giornata Internazionale per l’Eguaglianza delle Famiglie a maggio oltre che momenti ricreativi e di socializzazione e a gennaio è stata a Roma con un convegno alla Settimana Rainbow.
Fabrizio, come si diventa Genitori Rainbow?
Si ha la certezza di sé dopo il contatto con il mondo omosessuale. Questo può portare alla decisione di separarsi per vivere la propria vita, ma bisogna spesso fare i conti con l’omofobia interiorizzata. Molti non si riconoscono come omosessuali, alcuni scindono vita sessuale e vita affettiva. Chi ne è consapevole può scegliere di non separarsi mettendo a rischio il benessere dei figli. Si pensa che con un po’ di apparente cinismo uno può vivere nascosto dietro un matrimonio di facciata, ma in realtà quando scoppia qualcosa con qualcuno è impossibile mantenere una relazione di facciata. Non tutti ce la fanno a dichiararsi per problemi di accettazione pur presentando la necessità di separazione.
Con quali conseguenze?
In giurisprudenza è consolidato un atteggiamento per cui non si può discriminare un genitore per la sua omosessualità (non è lo stesso purtroppo per le persone transessuali). In realtà ci sono dei ricatti, attraverso lo stigma che può arrivare a minacciare i figli. Queste cose possono portare a separazioni “finte consensuali” in cui si estorce un consenso dietro la minaccia dell’outing. Se poi, come capita spesso (quasi sempre per le donne), si dipende economicamente dai genitori, per la casa, per la gestione dei figli, sotto ricatto si possono firmare “consensuali” anche molto pesanti. Altra cosa poi è il senso di colpa per l’essersi scoperti gay: molti firmano come per ripagare il torto fatto all’altro genitore.
Come ci si dichiara ai propri figli?
Io ho fatto il coming out quando mia figlia aveva dieci anni. Alcuni compagni mi invitavano a dirglielo quando sarebbe diventata grande, io non avevo altri genitori con cui confrontarmi, mi sentivo bloccato. Non ho mai nascosto davanti a lei l’affettività che c’era con il mio compagno e lei aveva capito; un giorno disse alla mamma: “Papà fa il gay con Luca”. Sapeva cosa significava essere gay perché tra bambini, a scuola, se ne parla, ma io non ero pronto a dirglielo. La svolta è arrivata con Famiglie Arcobaleno. Vedendo altri genitori omosessuali che avevano dei figli che vivevano in maniera naturale, mi sono accorto che non c’è nulla di sbagliato ad avere esperienze di un certo tipo.
Esiste già una associazione di genitori glbt come Famiglie Arcobaleno, perché avete avuto l’esigenza di creare un’altra associazione?
Nel contesto di Famiglie Arcobaleno le persone con figli da precedenti relazioni eterosessuali sono residuali. La visibilità è la loro arma principale, ma le persone che hanno molta omofobia dentro hanno più difficoltà a venire fuori, hanno bisogno di aiuto in maniera discreta. Così abbiamo deciso di iniziare a dare il nostro aiuto in maniera anonima, senza condizioni, fornendo servizi gratuiti senza la necessità di tesserarsi e abbiamo progettato questa rete di servizi. Noi non obblighiamo a fare coming out, ma siamo convinti che per un rapporto di qualità sia necessaria la trasparenza nelle relazioni familiari.
Quante persone sono in contatto con la Rete? Quali sono le loro storie?
Abbiamo una novantina di soci e oltre 450 persone ci hanno contattato dal 2011. Non solo genitori glbt ma anche eterosessuali lasciati o partner omosessuali di genitori ancora in relazione. Ci sono storie belle, in cui la coppia rimane unita dopo che il maschio compie la transizione e la famiglia genitoriale sopravvive. I figli osservano questa cosa, se sono piccoli non ci sono problemi. Il problema nasce quando sono più grandicelli, e hanno assorbito modelli da “famiglia del Mulino Bianco”. In realtà la vita può essere fonte di grande soddisfazione e avere dei figli può dare grande gioia. Noi cresciamo insieme ai nostri figli da cui impariamo tanto, e impariamo come conciliare la genitorialità con il fatto di essere omosessuali.