“Sinodo, rivoluzione Bergoglio: la Chiesa apre ai gay e alle coppie divorziate”, “Sinodo, rivoluzione a metà: sì ai gay, no ai loro matrimoni”, “Sinodo dei vescovi sulla famiglia: chiusura netta sui diritti gay”. Tre titoli, ripresi da diversi quotidiani, danno l’idea della grande confusione che regna nell’interpretare le eventuali novità nel rapporto tra Chiesa cattolica e omosessualità nell’agenda di papa Francesco. Per chiarire come stanno davvero le cose abbiamo intervistato un affermato vaticanista, Marco Politi, che ha recentemente pubblicato Francesco tra i lupi, il segreto di una rivoluzione (Laterza, 16 euro), un saggio che mette a fuoco il mutamento del modello di Chiesa promosso dal nuovo papato.
Stando alle analisi di molti osservatori, papa Francesco avrebbe dato il via a una rivoluzione nel rapporto tra Chiesa e omosessualità. È d’accordo?
Papa Francesco, nel suo primo anno di pontificato, ha spinto per una visione innovatrice dello sguardo della chiesa sulle questioni sessuali e relazionali. Tra l’altro ha anche dichiarato: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. Queste, e altre dichiarazioni, sono entrate a far parte del dibattito sinodale di ottobre scorso, la riunione dei vescovi che stabilisce le linee guida della Chiesa. Nel corso dei lavori è stato prodotto un documento intermedio che conteneva indubbie novità: apriva alla comunione ai divorziati e ai risposati, affrontava la questione del rispetto delle singole persone e anche quella del valore delle unioni omosessuali.
Era, ahinoi, un documento intermedio. Quello definitivo non contiene nessuna apertura all’omosessualità. Dice solo: “Gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza”. È davvero un nulla.
Le novità del documento intermedio sono state ridotte, oppure, è il caso degli omosessuali, cancellate. Il documento sinodale non ha avuto il coraggio di affrontare la questione della sessualità in modo nuovo.
Sull’omosessualità si è tornati a un vecchio documento del cardinale Ratzinger che parlava solo di rispetto e non discriminazione degli individui gay (Congregazione per la dottrina della fede: “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”, N.d.R.). La vita di relazione tra persone dello stesso sesso è ancora considerata un grave disordine morale dalla Chiesa che si trova in una fase di passaggio molto delicata. Nell’ottobre del 2015 si terrà un altro sinodo su questi temi e, o maturerà una svolta, oppure i conservatori potrebbero riuscire a frenare il cambiamento voluto da papa Francesco.
Il documento dice anche che le unioni omosessuali non sono assimilabili al matrimonio. Non mi risulta che gli omosessuali stiano rivendicando il matrimonio canonico.
Il problema matrimonio in Chiesa per papa Francesco non esiste. Il Papa, da arcivescovo di Buenos Aires, quando l’Argentina ha approvato una legge sulle unioni civili non ha mosso un dito. Resta comunque contrario al matrimonio gay ma non è contrario al fatto che lo Stato, nella sua autonomia, legiferi sulle unioni civili.
Cosa intende quando sostiene, nel suo ultimo libro che papa Francesco sta rivoluzionando la Chiesa?
Francesco sta cercando di trasformare la Chiesa, da struttura piramidale in cui il papa ha la funzione di monarca assoluto, a un organismo più collegiale e partecipativo. Il papa vuole che il Sinodo non sia solo una conferenza, ma uno strumento di elaborazione di proposte pastorali per i vescovi. Laicamente diremmo che ha avviato un processo di democratizzazione della Chiesa. In questo momento però, la maggioranza degli esponenti della curia e dei capi episcopali sono ideologicamente fermi alle posizioni dottrinarie tradizionali. Verificheremo nei prossimi mesi se esiste un movimento riformatore e se le associazioni di laici lo sosterranno. Le posizioni nel popolo di Dio risultano di gran lunga più avanzate rispetto a quelle delle gerarchie ecclesiastiche.
Lei sembra tifare Francesco. Confida che il papa riuscirà ad ammansire i lupi?
Papa Francesco è circondato da molti lupi, quelli peggiori non sono i suoi avversari a viso aperto, ma sono quelli che lo applaudono e poi non muovono un dito per cambiare le cose. Non ci sono solo lupi in Vaticano, ma sono insediati anche nelle varie conferenze episcopali. Vogliono far impantanare il progetto di riforma di Francesco.
Come?
Le faccio un esempio. Monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti e autore del documento intermedio del Sinodo che valorizzava le unioni gay era candidato della Conferenza Episcopale Italiana dell’Italia centrale. Nel novembre scorso due terzi degli arcivescovi hanno preferito a Forte il vescovo di Fiesole. Questa bocciatura è un’indicazione politica chiara delle resistenze della Conferenza Episcopale Italiana alle innovazioni.
Quali sono, a suo parere, le principali resistenze?
È una resistenza culturale, già nel Levitico sono presenti condanne all’omosessualità. Nella vita civile italiana solo quarant’anni fa si parlava di pervertiti: nella Chiesa cattolica si trovano cristallizzate queste resistenze culturali. La gerarchia si trova nella retroguardia di un cambiamento. Francesco non vuole cambiare la dottrina ma l’ossessione sulle questioni sessuali in genere che ha “perseguitato” la chiesa per duemila anni. È un grande sforzo.
Per di più il popolo di Dio non sembra così compatto, tanto che ha prodotto le Sentinelle in piedi, un gruppo che lotta attivamente per impedire leggi contro l’omofobia e matrimonio gay.
Dobbiamo capire che la Chiesa è un organismo di un miliardo e duecento milioni di fedeli e ha ormai dentro di sé un pluralismo estremo, lo stesso che c’è nella società. Le indagini dimostrano però che, perlomeno nell’area nordeuropea, nordamericana e latinoamericana c’è un’accettazione maggioritaria tra i credenti delle unioni omosessuali. Il pluralismo genera anche movimenti come le Sentinelle in piedi.
Allo stesso modo esistono gruppi di credenti, sostenuti dalle gerarchie, che insistono nell’offrire anche in Italia le terapie riparative, cioè il tentativo inutile di curare i gay rendendoli etero.
È vero, i gruppi più retrivi e fondamentalisti parlano ancora delle terapie riparative. Un recente inserto di Avvenire sulla famiglia, però, in un articolo su come i genitori devono affrontare l’omosessualità dei figli, dice che l’omosessualità non va assolutamente trattata una come malattia. Anche in Italia si è ormai fatta strada la posizione dell’Apa, l’American Psychiatric Association, che dice che è antiscientifico parlare di omosessualità come di malattia.
Torniamo al rapporto tra Chiesa e omosessualità. In un suo testo di qualche anno fa intitolato Io, prete gay raccontava l’esperienza di un sacerdote omosessuale. Ratzinger aveva dato una stretta alle “vocazioni arcobaleno” vietando l’accesso ai seminari agli omosessuali. Ha funzionato?
Su questo la posizione della Chiesa non è cambiata. È cambiata la percezione del problema tra i credenti. Mentre nei decenni passati l’omosessualità era demonizzata, oramai c’è una larga accettazione del fatto che gli orientamenti sessuali possano essere diversi.
Il cardinale Martini ha ripetutamente spiegato che l’orientamento omosessuale è naturale e ha raccontato di aver incontrato spesso coppie omosessuali. Martini, solo qualche anno fa, era isolato, ma nel frattempo, nella massa dei credenti l’accettazione si è fatta largamente strada. Questo cambiamento di prospettiva però non ha ancora prodotto una rivoluzione nella Chiesa.
Ha fatto scalpore qualche tempo fa la notizia che in Vaticano operasse una presunta lobby gay. Che cosa c’era di vero?
È un’assoluta sciocchezza. In Vaticano certamente ci sono monsignori omosessuali. Questo è noto. Questi omosessuali hanno atteggiamenti vari: ci sono persone estremamente riservate, persone che negano a se stesse il proprio orientamento e persone che frequentano locali e saune e hanno una doppia vita. Questi omosessuali non formano una lobby come gruppo di pressione con obiettivi comuni come, per esempio, cambiare la dottrina della chiesa sull’omosessualità. Parlare di lobby omosessuale, in questo caso, è sbagliato.
Gli omosessuali cattolici possono, in qualche modo, sostenere e favorire la “rivoluzione” di Francesco?
Il papa sta dando la massima libertà di discussione ai vescovi e, naturalmente, ai laici. E ha sostenuto ripetutamente che la Chiesa non deve essere clericale e che i vescovi devono ascoltare i fedeli. Per questo ha proposto, prima del sinodo, un sondaggio sulla famiglia nelle parrocchie, nelle diocesi e nelle famiglie. Un secondo sondaggio sugli stessi temi è stato avviato nel dicembre scorso. In questo momento le parrocchie e le associazioni devono far sentire la propria voce per rispondere all’appello di Francesco teso a creare un clima di riforme come quello del Concilio Vaticano, che è maturato perché i vescovi erano sostenuti da teologi e credenti che lavoravano per cambiare la Chiesa.
Il risultato delle spinte in avanti del Concilio Vaticano II sono stati però due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ultraconservatori.
Nessun colpo di freno, che pure ci sono stati, ha potuto però cancellare le innovazioni del Concilio sulla libertà di coscienza, sulla libertà di religione, sull’ecumenismo o sulla riforma liturgica.
Veniamo al rapporto tra Chiesa e Stato. Ci sono novità su questo fronte?
Il nuovo pontefice non parla più di principi non negoziabili e ha fatto cessare le interferenze del Vaticano nel processo legislativo italiano. È una grande svolta. Non c’è più un intervento della segreteria di Stato vaticana per allearsi con questo o quel partito o per influenzare il governo. È accaduto nella nostra storia recente per esempio, con l’affossamento dei Dico e il sabotaggio del referendum sulla fecondazione artificiale.
Le parti sono però solo invertite: sono i partiti, chi più chi meno, che sgomitano per compiacere la Chiesa.
C’è una grande debolezza della classe politica italiana che strizza l’occhio al singolo vescovo per avere dei voti. Questo problema riguarda anche il governo che non ha il coraggio di chiedere, per esempio, una riunione della commissione italo-vaticana per chiedere la revisione del sistema del finanziamento dell’8 per mille, che, dalla revisione del Concordato, dà un quantitativo sproporzionato di denaro alla Chiesa.