Esattamente vent’anni fa mi trovavo nell’associazione torinese Informagay presso la Fondazione Sandro Penna a guardare Sanremo con un agguerrito gruppo di soci e simpatizzanti (ai tempi organizzavano anche la spassosa parodia Sanrema con tanto di competizione canora e avvenenti valletti).
Allora una pressoché sconosciuta Platinette introduceva la manifestazione da un anonimo salone di parrucchieri e noi, già conquistati dal carisma prorompente di quella che sarebbe diventata la prima drag nazionalpopolare italiana, faxammo il logo del neonato Platinette fan club con tanto di scarpa glitter dal tacco vertiginoso che fu mostrato in diretta proprio da una Platy radiosa.
E dire che su RadioDeejay si sarebbe poi divertita a parodiare Maledetta primavera storpiandola con l’improbabile Maledetta parrucchiera. Quattro lustri dopo l’adorato Mauro Coruzzi torna sul palco di Sanremo in concorso per la 65edizione in programma al Teatro Ariston dal 10 al 14 febbraio (attenzione: c’era già stato in duetto coi Matia Bazar nel 2012, in versione nature, per cantare Sei tu) ancora una volta in coppia, questa volta con Grazia Di Michele, per intonare l’attesa e misteriosa Io sono una finestra. E nella serata di giovedì dedicata alle cover l’affiatato duo si prodigherà nella reinterpretazione di un cult estivo immortale, la poppissima Alghero dell’indimenticata Giuni Russo.
Ma quanta queerness ci promette l’edizione di quest’anno, la prima condotta dall’accondiscendente “mister Tuttovabene” Carlo Conti? Sulla carta non tantissima.
Dopotutto Sanremo, da noi così amato per quel mix irresistibile di camp da balera tele-amplificata ai confini del trash che di edizione in edizione deve rimanere uguale a se stesso per essere riconoscibile, è sempre stato poco gay-friendly, all’insegna di un tradizionalismo italico molto eterocentrico: solo nel biennio Fazio-Littizzetto abbiamo visto qualche apertura, con la coppia di fidanzatini torinesi dichiararsi amore, benché muti, sfogliando una serie di romantici omo-cartelli.
E nel corso degli anni le canzoni a tematica lgbt si possono contare sulle dita di una mano: la delicata Gli amori diversi, che poi tanto omosessuale non era, cantata da Rossana Casale e Grazia Di Michele; la patetica Sulla porta di Federico Salvatore; l’insopportabile Povia che canta l’omofoba Luca era gay; la sentimentale Amami uomo (Il postino) intonata dal simpatico Renzo Rubino. Ma poco altro.
E lasciamo stare le gag scheccanti de I soliti idioti biggio e Mandelli che, incredibilmente, canteranno anche loro tra i big (Vita d’inverno). Poi ci sono loro, le iconissime, che noi amiamo a prescindere: ma quest’anno sono state escluse Loredana Bertè e Anna Oxa, ahi ahi, quindi dovremo forse ripiegare su Chiara e Anna Tatangelo? Ah, ecco, un’altra canzone gay della storia sanremese: quel testamento neomelodico delle frociarole che è la militante Il mio amico col suo inno da pride “l’amore non ha sesso” e “che male c’è se ami un altro come te”.
Tra le nuove proposte promette scintille drag la band romana dei Kutso, i cui stralunati componenti nel video di Elisa si travestono da Biancaneve e scatenate dame ottocentesche. Peccato che la canzone sia inascoltabile ai limiti della cacofonia.
Ma la vera novità dove sta? Forse nell’originale scelta delle vallette, due vere vincitrici del festival, la buffa Arisa e la butchissima Emma, affiancate dalla bellona Rocio Muñiz Morales più nota come fidanzata di Raul Bova, nella speranza di assistere alle papere seriali che pretendiamo dalle spalle sanremesi. E forse il vero spasso potrebbe arrivare proprio da qui, come lascia intendere Rosalba Pippa alias Arisa durante la conferenza stampa: “Metterò tanti vestiti e spero di non cadere dalle scale. Penso che sia bello far fare dei ruoli a persone che non lo fanno nella vita con una spontaneità e una inadeguatezza che fa divertire. Se lo fossimo nella vita potremmo risultare pallose”.
Le fa eco una ruggente Marrone: “Spero di portare un po’ di rock’n’roll. Se cadessi dalle scale sarebbe un bel momento televisivo”.
Ecco, nel consueto calderone sanremese che quest’anno sarà supertecno, con ben nove telecamere e tre fly by wire robotizzate a disposizione del regista Maurizio Pagnussat, potrebbero essere proprio queste due ex vincitrici a sorprenderci.