Una piazza di Milano colma di manifestanti e, a poche centinaia di metri, una sala convegni della Regione Lombardia. A separarle, fisicamente, un cordone massiccio di forze di sicurezza in tenuta antisommossa. In piazza si celebra il valore di tutte le famiglie, l’uguaglianza degli amori, gay e non e lo sdegno contro l’omofobia. Si contesta anche l’uso improprio del logo di Expo per un convegno antigay che esclude le famiglie di persone omosessuali. E sono tanti, tantissimi coloro che hanno risposto alla chiamata dei Sentinelli di Milano (un gruppo nato in contrapposizione alle Sentinelle in piedi). Nella sala dell’istituzione pubblica (e cioè di tutti noi) va in scena un convegno blindato (a inviti) a difesa della famiglia a senso unico, uomo e donna (preferibilmente sottomessa).
Tra gli ospiti e i relatori Mauro Adinolfi, direttore del quotidiano La Croce, il direttore del foglio ciellino Tempi Luigi Amicone, una associazione che cura i gay cercando inutilmente di renderli etero a forza di preghiere e qualche sacerdote. I numeri danno ampiamente ragione alla piazza: 5000 mila arcobaleni (duemila per i media) da una parte, contro 750 fan della famiglia tradizionale nonostante il convegno disponesse di uomini e mezzi di Regione Lombardia e potesse ostentare, sempre che sia un vanto, la presenza del ministro ciellino Maurizio Lupi, di Roberto Formigoni, del presidente della Lombardia Roberto Maroni e di numerosi assessori regionali.
A margine del convegno Maroni insulterà i manifestanti dichiarando: “Figuriamoci se mi faccio condizionare da quattro pirla”.
Peggio, un giovane che prende la parola a fine convegno, giusto per capire come i genitori presenti in quella sala si confrontassero con l’eventuale omosessualità dei propri figli, è trascinato via a forza tra insulti: “culattone”, “merda”, “finocchio”. Il giorno dopo la stampa si accorgerà che nelle prime file è seduto, esattamente alle spalle dei politici, un sacerdote condannato per pedofilia.
Finalmente una manifestazione lgbt, dopo anni di assenza dalle piazze se non per i pride, segna una vittoria netta in nostro favore: le famiglie vincono nei numeri sulla famiglia declinata al singolare, la famiglia tradizionale è rimasta asserragliata nella prigione dorata del palazzo istituzionale; gli omofobi, cacciando quel giovane, hanno offerto una penosa testimonianza pubblica della loro incapacità di confronto e dibattito democratico e nelle loro fila ci sarebbero personaggi da cui la famiglia dovrebbe guardarsi e difendersi. Ora si replica a Milano il 14 febbraio mentre Maroni promette un altro convegno familista per settembre. Ci saremo in entrambe le occasioni, che dite?