Esce per la prima volta in dvd Libera (General Video, con 2 extra), lo scoppiettante film di esordio del 1993 del napoletano Pappi Corsicato composto da tre episodi, tutti incentrati su figure femminili.
Nel primo e nel terzo, “Aurora” e “Libera”, primeggiano due personaggi interessanti, ambedue interpretati da Iaia Forte. Ma è il secondo, “Carmela”, a brillare di luce propria. Il bel diciottenne Sebastiano (Ciro Piscopo), uscito dal riformatorio, ritorna a vivere con la madre Carmela (Cristina Donadio), un’infermiera che vive in un basso ma aspira a diventare borghese e che si ostina a non rivelargli nulla del padre, mai conosciuto dal ragazzo. Dopo aver allacciato una relazione col coetaneo Vincenzo (Vincenzo Peluso), Sebastiano finisce di nuovo in galera per una falsa accusa di furto di una donna con la quale ha rifiutato di far sesso. Nello stesso tempo, riesce però a scoprire che la madre in realtà è il padre “fattosi” donna.
Sullo sfondo di una Napoli inconsueta e grottesca, vi sono dunque tre donne in gamba ma sfortunate che s’illudono di aver raggiunto la libertà, liberandosi da quei valori che reprimono il sesso femminile (come la famiglia, la presenza incombente del maschio o il denaro), ma poi si ritrovano alla fine ancora più sole. Carmela è diventata donna dopo che la moglie si è uccisa, disperata per aver scoperto il marito intento a far sesso con un uomo; il suo dunque è un atto d’amore nei confronti del figlio, per non farlo crescere senza una madre. A colorare ulteriormente di omoerotismo l’episodio c’è poi il personaggio di Sebastiano, reduce dal riformatorio e incapace di reinserirsi nei ritmi della società, che trova nel prestante Vincenzo, che vende musicassette e sigarette di contrabbando, un rapporto valido, suggellato da una danza sensualissima e un bacio appassionato. È questo sicuramente uno dei momenti più riusciti del cinema italiano gay, nonché una delle scene più famose del film, assieme a quella di Enzo Moscato che canta in napoletano Angelitos negros e quella di una sposa che perde la verginità cadendo dalle scale per colpa dei tacchi a spillo.
Il cinema di Corsicato (persosi poi in opere intriganti ma spesso irrisolte, come I buchi neri e Chimera) ricorda un po’ quello mélo di Almodóvar (del quale è stato assistente alla regia) per le immagini pregnanti, la colonna sonora costruita attraverso canzoni cult (da La notte di Adamo a Sergio Bruni, da Ravel e Shostakovich), un’ambiguità sessuale e l’atmosfera irreale e talora camp, soprattutto negli interni saturi di vivido colore (segnali di un gusto kitsch che rivela il retroterra delle tre donne, mostrando come sia difficile scrollarsi di dosso il passato e la propria cultura).