In un momento in cui si vocifera dell’ennesimo disegno di legge con cui la maggioranza parlamentare italiana dovrebbe a breve riconoscere qualche straccio di diritto alle coppie di fatto, un libro come Il giorno più felice della mia vita (Rizzoli, 12 euro) di Sebastiano Mauri pare più che mai necessario. Non siamo ai livelli tragicomici di Bindi e Pollastrini, ma anche la versione renziana dell’apertura alle coppie gay e lesbiche si preannuncia timidissima e piena di mille riserve. Quello di Mauri, già noto per il bel Goditi il problema, è un pamphlet che ha il pregio di privilegiare l’ironia alla polemica rabbiosa e all’autocompiacimento, a metà tra l’impressionismo a tinte pastello di Piergiorgio Paterlini e il taglio chirurgico di Gonzague de Laroque. Una per una, Mauri prende in esame tutte le frasi fatte e le pillole indorate tradizionalmente usate per mettere i gay al loro posto, e le distrugge con sarcasmo sottile e citazioni al passo coi tempi, spesso guardando alla questione da un’angolazione inaspettata.
Per esempio, siamo tanto abituati a dire che l’omofobia uccide. Quando lo diciamo, pensiamo sempre a noi comunità gay in qualità di vittima designata dell’omofobia. Mauri invece ci rende noto uno studio fatto da ricercatori della Columbia University, pubblicato dall’American Journal of Public Health nel febbraio 2014, secondo cui le persone con forti sentimenti anti-gay vivono in media due anni e mezzo in meno delle persone serenamente friendly. Se poi il capitolo sui fanatici delle citazioni del Levitico sa di già sentito e fuori tempo massimo, Mauri si rifà decisamente con le pagine sulla crudeltà pacioccona di Bergoglio. Da segnalare questo mese anche Aperti di notte. Gli inconfessabili (a 2,99 euro in formato digitale su Amazon) di Pierpaolo Mandetta, una raccolta di racconti erotici delicati come una proiezione del film Cruising in una cristalleria gay. E meno male, perché di rispettabilità e sospironi in stile Harmony non sappiamo che farcene, specialmente se si parla di patrigni e camionisti. La prosa di Mandetta è adatta al genere erotico in quanto scheletrica e senza fronzoli, e gli si perdonano anche qualche ripetizione e la somiglianza tra un paio di protagonisti di racconti diversi.
Il titolo è già tutto un programma: le storie sono manifesto di una passività consapevole e agguerrita, popolata da un immaginario un po’ Tom of Finland e un po’ Bruce LaBruce. In tutte le pagine, tra le righe, si legge una delle più grandi verità sul sesso: sono i bottom, in realtà, a essere “on top”.