Giusto un minuto, per rispondere a tre domande a bruciapelo, come se fossimo in un quiz televisivo.
Chi e quando ha posto la domanda: “Quali diritti possono vantare i gay: il diritto di scambiarsi le mutande, forse?”. Di chi è l’affermazione: l’omosessualità “è un destabilizzatore della famiglia, della nazione, dell’umanità; l’uomo e la donna sono certo quaggiù, solo per fare dei bambini”. Chi potrebbe aver scritto che, per gli omosessuali, “non dobbiamo reclamare un’indulgenza che causerebbe un male ancora più grave tanto per l’individuo quanto per la società?” Azzardiamo qualche ipotesi.
Di mutande potrebbe aver parlato il leader della Lega Nord Matteo Salvini con il classico tono di chi usa sempre e solo un unico neurone.
Il richiamo ai matrimoni uomo-donna è più probabile che arrivi da Angelino Alfano, ministro dell’Interno che rappresenta con il suo partito di intercettati il maggior ostacolo governativo a una legge per le unioni civili; forte anche dello stop che ha imposto alla trascrizione dei nostri matrimoni contratti all’estero.
L’omosessualità è il male per la società, infine, è sicuramente nel manifesto politico delle Sentinelle in piedi, campioni di omofobia che fingono di leggere libri sulle piazze italiane per fermare i diritti e una legge contro l’odio anti-gay. Se fosse un quiz non avrei imbroccato nessuna risposta.
Di diritti come un banale cambio di mutande ha parlato Umberto Bossi a Pontida del 1993. Contro il matrimonio uomo-uomo si è espresso Émile Zola in una lettera del 1895. Che poi l’omosessualità fosse un male per la società lo pensava e scriveva un abate su La Civiltà Cattolica nel 1960. Quelle frasi ricollocate nell’esatto contesto storico nel quale sono state pensate, scritte e dette restituiscono in modo definitivo a quale era geologica appartengono le Sentinelle in piedi, gli Alfano, i Salvini e tutti gli omofobi nostrani.
I rigurgiti di omofobia di oggi delle Sentinelle sono buoni per l’Italia degli anni Sessanta, ma tra quel paese e il paese di oggi c’è stato almeno un Sessantotto. Alfano, e tutti coloro che si oppongono ai nostri matrimoni, vogliono riportare le lancette indietro a oltre un secolo fa mentre Salvini e i suoi sono inchiodati al 1993, nei risultati, negli obiettivi e nelle dichiarazioni.
Certo questi tre, che sono qui richiamati a titolo meramente esemplificativo di tutto il chiocciante coro di omofobi italiani, sono liberi di vivere le loro esistenze nel trapassato che preferiscono, anche tra i dinosauri. È comunque una responsabilità oltremodo grave e penosa quella di pretendere che tutto il paese torni indietro nel tempo.
Tutti noi altri abbiamo il diritto e la pretesa di vivere questo presente.