Il suo coming out è arrivato un paio di anni fa dalle pagine di un quotidiano nazionale. Adesso Carlo Gabardini torna a parlare di sé, di omosessualità, di diritti negati e tanto altro, nel suo primo libro, Fossi te io insisterei (Mondadori), una lettera immaginaria a suo padre, mancato molti anni fa.
Carlo, che cosa ti ha spinto a scrivere?
È tanto che mi chiedevano di scrivere un libro. Avevo il terrore che volessero il libro di Olmo, il mio personaggio di Camera Café, oppure un libro prettamente sull’omosessualità. A me interessa parlare agli eterosessuali. Noi omosessuali non abbiamo bisogno di essere convinti su certe nostre istanze, come lo sono molti di loro. Poi ho avuto l’idea di questa lettera a mio papà. Non avevo fatto in tempo a dirgli che sono gay, e mi sembrava giusto, in un modo o nell’altro, farlo sapere anche a lui.
Nel video di promozione su YouTube, dici che avresti voluto intitolarlo Coming out per tutti.
Era il titolo che avrei voluto, ma la parola coming out, purtroppo, è collegata soltanto al mondo gay. In realtà, non credo sia un’esclusiva di noi omosessuali. Dire chi sei, quello che vuoi, quello che vorresti fare da grande, quello che ami, è una cosa che dovrebbero fare tutti. Questo deluderà le aspettative di qualcuno. Pazienza! Dobbiamo riprendere in mano la nostra vita. Dire quello che siamo è importante, in particolare per gli eterosessuali. Il mio primo coming out, quello più difficile, fu quando a diciassette anni dissi a mio padre che non avrei fatto l’avvocato, come lui, ma l’attore. Se sei interista ed entri in un bar dove tutti gridano forza Juve, è doveroso che tu dica quello che sei, anche correndo il rischio che ti sputino nel panino. In un mondo dove tutti gridano “viva la figa”, dire che io tifo per un’altra squadra mi sembra giusto. Le persone all’inizio talvolta sono un po’ spaventate, ma poi tutto si stempera.
Il tuo coming out è avvenuto pubblicamente nel 2013, con una lettera aperta su La Repubblica, scritta dopo aver appreso la notizia di un ventenne romano che si era tolto la vita. Vuoi parlarcene?
Quando lo venni a sapere mi sentii impotente e mi misi a piangere. Poi, un po’ presuntuosamente forse, ho pensato che se avessi potuto parlare anche solo cinque minuti con quel ragazzo, questo non sarebbe successo. Trovo sia una follia che l’orientamento sessuale possa essere la causa di questo. Viviamo in un paese eterocentrico. Spero che un giorno non lontano ci sveglieremo e diremo: “Sai, c’era un mondo in cui un uomo non poteva amare un uomo, esisteva guarda, c’era un tempo in cui effettivamente un uomo che amava un uomo era guardato con sospetto, o addirittura era ammazzato per questo”. Essere gay è bellissimo. Non può essere un problema e mai un motivo per ammazzarsi. Va mostrata la felicità perché la gaytudine è possibile, come lo è il progetto di vita omosessuale, che in questo mondo non ci viene mai mostrato come possibile.
Dopo esserti dichiarato hai avuto problemi riguardo al tuo lavoro. Nel mondo della televisione e del cinema l’omosessualità è ancora un tabù?
Molti pensano che nel mio ambiente sia più facile. In realtà, quando uscì la lettera, mi trovavo a Roma per un provino, dove tutti avevano Repubblica in mano. Finita l’audizione, una del casting mi dice: “Certo sei stato coraggioso tu”. “In che senso?” le risposi. “Beh, tu fai l’attore, adesso non ti verranno offerte parti da latin lover!” E poi ancora: “Dimmi tu, chi nel mondo degli attori ha mai fatto coming out? Guarda, ti aiuto io, nessuno.” Anche se in realtà uno c’è, ed è Leo Gullotta. Farlo è importante per l’esempio che si dà ai ragazzi. Si può essere omosessuali e fare qualsiasi lavoro e magari guadagnare dei soldi.
Chiudiamo con un pensiero sulla situazione dei diritti in Italia.
I nostri politici sono più indietro di quanto non lo sia la gente comune, che non ha nessun problema se io parlo di amore, del mio fidanzato (sono single in realtà… e ci terrei che lo scrivessi, perché vorrei fidanzarmi!). I matrimoni tra persone dello stesso sesso arriveranno anche in Italia, è solo questione di tempo. Allora io dico, non possiamo far sì che questo tempo sia otto minuti?! I diritti centellinati sono un’assurdità. Mi sta bene accettare leggi parziali, ma voglio che ci si risvegli da questo delirio collettivo, che ci dicano “scusate, abbiamo fatto una cazzata”, e, finalmente, diritti uguali per tutti.