Sempre più spesso capita di leggere o ascoltare persone provenienti da aree cattoliche conservatrici che, dopo essere state tacciate di omofobia, controbattono definendo queste accuse come atti di “eterofobia”. In rete gli esempi non mancano, si possono trovare svariati forum e gruppi su Facebook che avrebbero lo scopo di far venire alla luce e combattere gli episodi di eterofobia. Discussioni sul tema sono state recentemente alimentate da un comunicato dell’associazione francese Manif Pour Tous, riportato da moltissime testate giornalistiche, che denunciava l’aggressione ai danni di un ragazzo da parte di sedicenti “gay anarchici” per il solo fatto che indossasse una maglietta con il logo dell’associazione, le cui prove però stanno solamente in quel comunicato.
È stato anche pubblicato un libro, dal titolo Omofobia o eterofobia? (Fede & Cultura, 16 €), con il sostegno dell’associazione Giuristi per la Vita, che contiene un’aspra critica alla legge contro l’omofobia, definita nel sottotitolo “una legge ingiusta e liberticida”, che minerebbe alcuni pilastri della democrazia, quali la liberta di pensiero e di religione. C’è poi anche chi vorrebbe che fosse istituito il reato di eterofobia, sulla scorta di quanto dichiarato nel luglio 2013 dal parlamentare leghista Gianluca Buonanno.
In tutti questi casi viene definito “eterofobo” chi chiama l’omofobia con il suo nome, per zittire chi punta il dito contro le discriminazioni ai danni delle persone omosessuali. La parola “eterofobia” quindi, nelle intenzioni di queste persone, dovrebbe indicare l’intolleranza degli omosessuali verso gli eterosessuali.
In realtà questa costruzione linguistica non sta in piedi, in quanto l’avversione delle persone omosessuali che vorrebbe essere definita in questo modo si rivolge, a differenza dell’omofobia, solo ad alcune persone eterosessuali, quelle che provano odio e avversione verso le persone omosessuali per la loro sola esistenza, e pertanto può anche essere definita razionale.
Al di là di ciò questa presunta “eterofobia” è un concetto che sfugge, ma sembra essere frutto di ingegneria inversa, si è partiti dai valori e concetti che si vogliono difendere e si accusano altri di volerli distruggere, si è andati a cercare una quinta colonna da demonizzare e accusare dei mali della società.
Tale quinta colonna sarebbe stata individuata nella presunta lobby omosessualista, che vorrebbe introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso, come preludio al matrimonio tra tre o più persone o con animali, con obbiettivo ultimo la cancellazione del modello eterosessuale di famiglia. Quindi tale lobby sovversiva vorrebbe andare contro il naturale processo generativo degli esseri umani, creando bambini in laboratorio e facendoli crescere da figure che non siano il padre e la madre, in modo da creare generazioni a propria immagine e somiglianza che portino avanti il loro programma per un nuovo ordine mondiale.
In tutto questo si sente un gusto di propaganda staliniana anni ’30, invecchiata in botti di nonsense. È infatti superfluo dire che il matrimonio omosessuale non sostituirà il matrimonio tra uomo e donna, ma semplicemente vi conviverà, e che l’adozione a coppie dello stesso sesso non impedirà alle coppie eterosessuali di continuare a generare e allevare figli.
“Eterofobia” quindi non è che fumo, uno slogan per mascherare odio e violenza, un modo per scambiare i ruoli di vittima e carnefice, frutto del vittimismo di persone che sanno di avere la coscienza sporca.
Una voce “eterofobia” esiste anche su Wikipedia (in più lingue), dove si può leggere che questa parola è stata utilizzata dall’accademica e femminista statunitense Daphne Patai nel suo saggio Heterophobia: Sexual Harassment and the Future of Feminism del 1988 per definire, e criticare, una dinamica particolare all’interno del movimento femminista. “Eterofobia” sarebbe l’atteggiamento di quelle donne che, portando alle estreme conseguenze i principi del femminismo, osteggino fortemente all’interno del movimento le donne che non rinuncino ai contatti, sessuali o non, con il sesso opposto.
Da quest’ottica l’uso della parola “eterofobia” nei confronti degli omosessuali risulta ancora più risibile, in quanto l’avversione non è verso l’eterosessualità (vera o presunta) degli omofobi, quanto invece per le loro idee di intollerazna e prevaricazione. Quindi una semplice ricerca su Google avrebbe rivelato a chi avesse voluto utilizzare questo termine per definire una presunta intolleranza da parte degli omosessuali che “eterofobia” non è una parola adatta. Si potrebbe provare con “coda di paglia”.