Anticipato un anno fa dal video Fonteyn, esce questo mese il secondo album di Cosimo Morleo, Ultreya. “Andare oltre” alla superficie, scavare nel profondo delle sensazioni, immergendosi nei personaggi immaginari e reali delle sue storie fino ad amalgamarsi ad essi. Cosimo Morleo si è dedicato a lungo alla musica antica e barocca e alla regia teatrale prima di produrre nel 2012 il suo primo disco solista Geni dominanti. Il titolo del nuovo disco, Ultreya, prende spunto da un’antica parola usata dai pellegrini durante il cammino di Santiago in epoca Medioevale; significa buon cammino, un’incitazione ad andare oltre: “Non basta una legge, vogliamo anche le scuse e un bel mazzo di fiori”, dice in occasione della pubblicazione di questo lavoro, proprio nel mentre si sta discutendo al Senato il ddl Cirinnà.
Attivista in prima fila per i diritti LGBT e artista, Cosimo ha sempre raccontato storie reali legate alla difficoltà di potere essere ciò che si è. Lo ha fatto con il brano Turing nel precedente album , così con l’intenso Fonteyn, bellissimo video uscito lo scorso anno; una storia di bullismo che a ragione è stato inserito in questo Ultreya. Il video ha creato l’occasione per dare il via al progetto “Musica e diritti”, una rassegna di videoclip a tematica LGBT, rappresentata lo scorso anno al TFFGLBT Film Festival di Torino, al Cassero di Bologna e al Florence Queer Festival.
Nel disco hanno suonato Marco Inaudi (basso elettrico e fretless) e Andrea Perdichizzi (basso elettrico e fretless), Simona Mastroianni (batteria), Michele Bernabei (tromba in La sposa), Sergio Caputo (violino in Retròromantico), Enrico Fornatto (chitarre in Fonteyn e Desiderantes) Exir Gennari (batteria in Fonteyn), Gianni Stracuzzi (chitarre acustiche ed elettriche), Paolo Dutto (clarinetto in Fonteyn) e ovviamente Cosimo Morleo (pianoforte, tastiere, programmazione, chitarra e voci). Maddalena Bianchi è ospite alla voce e al piano in Leave the Boy Alone. Irrimediabilmente e fieramente romantico, la sua vocalità è stata spesso accostata a quella di Mango, che come lui ammette, è stato fonte più volte di ispirazione, assieme a Franco Battiato e, nel panorama internazionale, Kate Bush, Peter Gabriel, David Bowie e Rufus Wainwright. Siamo in buona compagnia, insomma…
Perché oltre a una legge, ritieni che il governo ci debba anche delle scuse e un bel mazzo di fiori?
In questo periodo di intenso dibattito sulle unioni civili, mi sono trovato a riflettere su quanti soprusi fino ad oggi abbia sopportato la comunità LGBT italiana. Troppi, per un tempo ingiusto, interminabile, mentre la vita delle persone che si amano continua a scorrere, seppur mortificata dal punto di vista giuridico. Ormai ultima in Europa l’Italia si deve svegliare. Lo stato delle cose è inaccettabile. È un triste “gioco” di convenienze politiche, non soltanto ideologiche, una presa in giro. La dignità di ogni cittadino dovrebbe essere una priorità per ogni democrazia.
Nel video di Fonteyn c’è un cameo in cui reciti la parte – come narra il testo – del supplente venuto dal nord. Nella tua città hai mai avuto esperienze per promuovere nelle scuole una cultura delle differenze?
Mi chiesero di collaborare con “Le cose cambiano”; insieme ad altri artisti abbiamo tenuto conferenze e incontri nelle scuole, dove abbiamo parlato di diversità. Il videoclip è stato proiettato proprio per agevolare il dibattito su questo tema ed è stato apprezzato molto dai ragazzi. La musica riesce a veicolare certi messaggi in modo estremamente efficace, spesso meglio di molte parole. Si è affrontato anche il tema del bullismo di cui parla il video. Abbiamo risposto alle domande dei ragazzi, e anche a quelle degli insegnanti. È stato molto divertente, a tratti anche commovente. I ragazzi come sempre sono molto, molto più avanti di quello che ci si possa aspettare, e riescono a spiazzare.
Il disco si apre con un brano dedicato al famoso poeta Konstantinos Kavafis, che tanto ha decantato l’omosessualità nei suoi testi. Cosa ti ha colpito maggiormente di questa figura?
La poesia di Kavafis mi ha sempre affascinato. Il brano parla del poeta ormai anziano, che si è confinato nel suo appartamento illuminato solo da candele, diventato un tempio della memoria. Una riflessione in dormiveglia sul tempo che passa e ci cambia, anche nel corpo. Restano i ricordi di amori, passioni vissute clandestinamente. Un esercizio di estetica emozionale commovente, difesa del proprio patrimonio sensuale dalle brutture del mondo, dal temuto arrivo dei barbari di ogni epoca.
Non è solamente una peculiarità del brano Un film di Godard, ma ascoltando le tracce di questo album, si ha la percezione di assistere a una serie di cortometraggi che narrano altrettante storie. C’è un filo che lega questa sensazione alla tua lunga esperienza con il teatro?
Assolutamente si. Quando scrivo una canzone ne immagino la possibile realizzazione cinematografica, in un certo senso ragiono per immagini. Il teatro rappresenta una parte importante di me, fonte di continuo nutrimento. Lavorare in teatro mi piace moltissimo, anche se in questo momento la musica nella mia vita ha preso il sopravvento, confido di poter realizzare presto un progetto che ho in mente da molto tempo. Vedremo.
Il brano La sposa è emblematico e molto attuale: indirettamente tratta il tema dei profughi e dei migranti in generale. Ci puoi parlare dell’idea che sarà alla base anche del tuo prossimo video?
Avevo visto il docufilm Io sto con la sposa e ne rimasi profondamente colpito. Scrissi La sposa. A disco finito contattai Antonio Augugliaro, uno dei registi del film, ringraziandolo per avermi ispirato il brano. Volle ascoltarlo, ne rimase entusiasta. Così dopo ci accordammo per poter usare le immagini del film per il videoclip che uscirà a marzo. Un progetto importante che parla di immigrazione e di ciò che si cela dietro il viaggio di persone alla ricerca di un futuro migliore.
Tutto l’album, a partire da Fonteyn, è permeato dall’immaginario gay. Accade anche di ascoltare una cover di Patty Pravo. Perché proprio lei, perché proprio “Per una bambola”? Questa è una cover che volevo realizzare da tempo. Ricordo la sua partecipazione al festival di Sanremo. Aldilà dell’abbigliamento ricercatissimo mi colpì proprio il testo estremamente poetico, fuori dal tempo, che oggi riconosco come vicino al mio modo di scrivere .
Leave The Boy Alone è stato scritto appositamente per il nuovo film di Giovanni Coda. Ci puoi raccontare come è nata questa collaborazione e la canzone?
Dopo l’uscita di Fonteyn fui contattato da Giovanni Coda che in quel momento stava proprio lavorando sul suo nuovo film Bullied To Death. Ci incontrammo a Torino per la proiezione del suo film multi premiato Il rosa nudo (sulla deportazione nel campo di concentramento di Schirmeck dello scrittore francese Pierre Seel, accusato di omosessualità, ndr.) e mi propose di scrivere un brano per la colonna sonora. Ne fui onorato. Avevo scritto già un testo, poi chiesi a Maddalena Bianchi eccellente cantante e autrice, di collaborare e il suo apporto si rivelò fondamentale. Nacque così Leave The Boy Alone che potrei definire una ninna nanna minimale elettroacustica.
Com’è nata l’idea di realizzare la rassegna di videoclip “Musica per Immagini e Diritti” e a quali videoclip hai fatto riferimento?
Dopo Fonteyn mi sono semplicemente chiesto quali altri artisti avessero trattato l’argomento attraverso un video. Feci una semplice ricerca e ne trovai parecchi. Ne scelsi alcuni e proposi il progetto a Indie Pride. Si entusiasmarono. Decidemmo di proporla al TFFGLTB di Torino, e venne così proiettato come evento speciale/anteprima alla Film Commission Torino, successivamente al Cassero di Bologna e recentemente al Florence Queer Festival di Firenze dove abbiamo anche creato un evento musicale in collaborazione con ARCI e Novaradio con David Drago. Spero si possano fare altre iniziative sulla scia di questa bella esperienza, proprio perché di diritti civili è ancora importante parlare in Italia anche attraverso la musica che tanto può fare.