Lavoro e diritti LGBT, il vademecum presentato dal coordinamento Torino pride in collaborazione con le principali sigle sindacali, mette sotto accusa il fortissimo pregiudizio che vivono le persone gay, lesbiche e trans sul luogo di lavoro.
(prima pubblicazione Pride gennaio 2018)
Chi ha la fortuna di avercelo un impiego, se è gay, lesbica o trans si trova ad affrontare in aggiunta una serie di difficoltà legate all’omo-transfobia ancora piuttosto faticose da superare.
Basta scorrere le cronache: dal caso del cuoco costretto dal datore di lavoro ad avere rapporti con una prostituta (a Rimini nel 2015), a quello dell’insegnante di danza obbligato alle dimissioni dai genitori degli alunni di una scuola statale (a Perugia, sempre nel 2015), alle peripezie dell’operaio padovano insultato e vessato per anni dai colleghi (nel 2011).
È anche vero che in quasi tutti questi casi, seppure leggi specifiche contro mobbing e omofobia ancora non ce ne siano, ogni qual volta il lavoratore LGBT si ribella al sopruso e chiede aiuto ai sindacati ottiene giustizia dai tribunali del lavoro e spesso anche cospicui risarcimenti. Proprio per sostenere i lavoratori arcobaleno nelle loro traversie, il 28 novembre scorso è stato presentato a Torino il Vademecum – Lavoro e diritti LGBT che il coordinamento Torino pride ha redatto con il contributo dei sindacati confederati CGIL, CISL e UIL, sostegno testimoniato dall’intervento della segretaria generale CGIL Susanna Camusso.
“Più di un milione dei ventitré milioni di persone che lavorano in Italia è omosessuale, bisessuale o transessuale, lavoratori di cui però si sa davvero poco e che spesso sono vittime di discriminazione o pregiudizi”, ci spiega Maurizio Gelatti, segretario del Torino Pride. “Il fortissimo stigma sociale li costringe ancora a non palesarsi sui luoghi di lavoro. Per questo abbiamo ritenuto indispensabile progettare e diffondere questo vademecum” che verrà diffuso “nei luoghi di lavoro e non solo e sarà strumento di formazione per i rappresentanti sindacali, ma anche una ‘buona prassi’ utile a incentivare la nascita di iniziative analoghe”.
L’idea è partita dal coordinamento Torino pride: “Abbiamo avviato un confronto coi sindacati confederati torinesi che è sfociato, dopo anni di approfondimenti e mediazioni, in questa pubblicazione. La loro collaborazione è stata preziosa per reperire dati e testimonianze dirette e individuare casistiche. Nel documento abbiamo riportato alcuni esempi di accordi integrativi che hanno stabilito diritti per le coppie di fatto o per le famiglie LGBT”.
Secondo Gelatti, il benessere dei lavoratori LGBT italiani dipende in larga parte dalla loro visibilità: “Vivere una vita nascosta sul lavoro è enormemente stressante e la paura di essere scoperti può avere un impatto significativo sulla qualità delle prestazioni lavorative. Poi, l’indisponibilità a condividere notizie e informazioni su di sé può essere spesso interpretata come un’incapacità di costruire rapporti e lavorare in gruppo. Combattere le discriminazioni, quindi, va anche a vantaggio dei datori di lavoro”.
In quali settori potrà incidere maggiormente il documento? “Pregiudizi e discriminazioni sono più presenti laddove il grado culturale dei lavoratori – e dei datori di lavoro – è più basso, anche se non si tratta di un dato assoluto. Lavorare in un ambiente intollerante, con schemi troppo rigidi, è un fattore di rischio per il disagio psicologico”.
Oltre a un articolato glossario sulle terminologie corrette da adottare in ambito LGBT, il documento contiene anche una disamina della famigerata “teoria del gender”, “invenzione dell’ultimo decennio che ha il chiaro scopo di impedire l’emancipazione da un lato delle donne e dall’altro delle persone gay, lesbiche e transessuali e che si è insinuata anche in molti luoghi di lavoro”, in particolare nell’ambito della scuola.
Non ci sono state particolari resistenze da parte di aziende o enti pubblici in merito all’adozione di questo documento, “anche se è davvero troppo presto che cantare vittoria”, mentre, oltre alle oasi felici di Intesa Sanpaolo e DHL citate nel documento, “sono in continua crescita le aziende, anche famose, che si stanno muovendo verso l’inclusione, come per esempio Gucci. Poi possiamo citare Ikea che è stata fra le prime, nel 2012, ad aver esteso alle coppie di fatto sia etero sia LGBT gli stessi diritti di quelle regolarmente sposate, accordando congedi retribuiti per la nascita dei figli del partner, per le emergenze famigliari e per eventuali lutti del partner”.
Gelatti auspica, infine, una diffusione capillare del vademecum, la cui strada è stata appena tracciata ma che “sta dando già molte soddisfazioni: i sindacati, così come molte associazioni lgbt e anche le istituzioni che hanno patrocinato l’iniziativa – Regione Piemonte, Consiglio Regionale del Piemonte, Città di Torino e Università degli Studi di Torino – ne hanno fatto richiesta. Più il vademecum sarà conosciuto, distribuito e letto e più sarà efficace l’azione di miglioramento dei luoghi di lavoro per tutti”.