La crisi di senso del movimento LGBT italiano tra campagne per i diritti degli omosessuali in Cecenia, LGBTqiaepqrstuvz, teoria queer e toilette per le persone transessuali viene da lontano. E la temperatura politica si sta alzando.
(prima pubblicazione Pride giugno 2017)
Nelle righe che seguono non intendo discutere del recente viaggio in Russia di Yuri Guaiana, che è andato a farsi arrestare per consegnare una petizione contro le condizioni spaventose in cui vivono, secondo il quotidiano russo Novaya gazeta, i gay ceceni.
Il mio scopo è più limitato e assieme più vasto: prendere lo spunto dalla cronaca per discutere di come il movimento gay italiano (ma in realtà quello mondiale) sia stato ormai dirottato e trasformato in uno dei tanti enti che agiscono per scopi decisi dal Potere, con obiettivi che nulla hanno più a che vedere con i diritti delle persone LGBT, e come ciò denunci un vuoto di proposte alternative a quelle del Potere.
Il “caso ceceno” è scoppiato quando il quotidiano Novaya Gazeta (legato al New York Times e di cui è comproprietario il miliardario statunitense George Soros) ha raccontato di come un coraggioso militante gay, Nikolaj Alekseev, fondatore di Gayrussia.ru, stesse chiedendo il permesso d’organizzare gay pride in decine di località del Nord Caucaso, per raccogliere i “no” e portarli davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani, chiedendo di multare le autorità per discriminazione. Alekseev, secondo la Gazeta, avrebbe mosso accuse gravissime contro, in particolare, il governo ceceno (riassunte sul sito di Arcigay nel pezzo: “Mattarella in Russia, la protesta di Arcigay: ‘Gay nei lager in Cecenia: è l’esito della politica di Putin’”).
Un paio di settimane dopo, un’associazione politica italiana finanziata da… George Soros ha ripreso la denuncia del giornale di… George Soros, scatenando le azioni di Arcigay (fra cui cinque presidii) e il viaggio di Yuri. E che debba essere George Soros a dettare l’agenda del movimento gay italiano è abbastanza bizzarro, ma fin qui restiamo ancora nella norma dell’anormalità.
Nel frattempo, Nikolaj Alekseev ha querelato la Novaya Gazeta per averlo “diffamato” attribuendogli cose mai dette, e ha chiesto i danni. E qui la cosa diventa più strana, ma ancora non troppo: dopo tutto la Novaya Gazeta è co-posseduta dagli americani ed è antigovernativa, quindi dal gesto potrebbe essere logico dedurre che Alekseev possa essere filo-Putin e antiamericano…
Ma in realtà non è così. Il 24 aprile un giornalista americano, Mark Ames, ha pubblicato un’analisi in cui afferma che Alekseev è un antisemita rabbioso (il giorno prima, in un altro articolo, aveva raccolto diversi suoi tweets in inglese, piuttosto espliciti) e legato al partito d’estrema destra di Vladimir Zhirinovsky, un personaggino inquietante che avrebbe secondo Ames chiesto d’introdurre la pena di morte per l’omosessualità… Nel 2013 Alekseev aveva addirittura portato al pride di Mosca Aleksei Mitrofanov, personaggio politico che in Italia definiremmo neonazista. Ciò aveva provocato la rottura di Alekseev con i suoi sostenitori occidentali. Ames conclude segnalando che Alekseev, lungi dall’essere un idealista coraggioso, è un politico russo legato al Potere, specializzato nell’estorcere soldi attraverso cause legali.
Stupito da accuse tanto gravi, vado a verificare chi sia Mark Ames, e trovo una voce abbastanza “rassicurante” su Wikipedia, ma anche un attacco selvaggio che afferma che Ames sarebbe l’autore (sotto pseudonimo) di racconti porno che esaltano lo stupro (eterosessuale) e la pedofilia…
Arrivato a questo punto mi fermo. Io non so chi stia calunniando chi, e non sapendo il russo non ho accesso alle fonti originali, ma non occorre sapere il russo per capire che siamo entrati in un vortice di disinformazione e propaganda in cui, probabilmente, ha messo lo zampino almeno un paio di servizi segreti. Delle due infatti l’una: o Alekseev è vittima di calunnie, e allora l’articolo della Gazeta potrebbe essere una d’esse esattamente come lui afferma, o al contrario Alekseev è un calunniatore e un inventore di fake news, ma a questo punto ricordiamo che la “pista cecena” nasce al 100% dalle sue dichiarazioni. Decidete voi a chi volete credere; qualunque opzione scegliate, però, resta il fatto che il movimento gay italiano s’è buttato in questo nido di vipere senza minimamente verificare prima le notizie, per l’ansia di compiacere i politici, lasciandosi così strumentalizzare per scopi che con la condizione delle persone LGBT non c’entrano assolutamente nulla.
Come siamo arrivati a questo? Beh, io da molti anni mi batto, inutilmente, contro la colonizzazione sistematica che i professionisti della politica hanno operato di tutti i posti dirigenziali del movimento LGBTqiaepqrstuvz, che hanno poi trasformato in occasioni per offrire “servizietti” al partito nel quale sperano, o contano, di fare carriera.
E con questa premessa ci si aspetterà forse che io concluda ora che l’attuale vuoto programmatico, che ci costringe a leggere i siti delle ONG pagate da Soros per sapere quale sarà la prossima iniziativa del movimento LGBTqiaepqrstuvz, sia causato da questa schiera di cavallette.
E invece no. La tesi che mi sta a cuore è che tale perdita di senso è conseguenza, e non causa, del vuoto di progettualità in cui brancola ormai da alcuni anni il movimento lgbtqiaepqrstuvz. Esistiamo, ma ormai non sappiamo più a che scopo, o per costruire quale società.
I furbetti della politichina hanno in altre parole riempito un vuoto che già c’era, anche se poi magari hanno aggravato il problema col loro cinico opportunismo, anziché risolverlo.
E dire che, se non perdessimo il tempo a infilarci nel vortice delle fake news diffuse dai tirapiedi di Soros, avremmo un’interminabile lista di problemi aperti di cui discutere, con urgenza, se non vogliamo sparire dalla scena politica italiana. Questioni come la PREP, la gestazione per altri, il no gender eccetera.
Dobbiamo quindi tornare a dibattere, anche perché con l’eccezione della legge contro i crimini d’odio, il programma messo a punto nel secolo scorso è stato ormai realizzato per intero. E ultimamente sento ripetere dai più giovani: “Adesso che abbiamo la Cirinnà, a che serve più il movimento gay?”.
Come se non bastasse questa minaccia d’implosione dall’interno, sta crescendo fra l’indifferenza di tutti la minaccia esterna della religione postmodernista (nella sua incarnazione del “pensiero queer” o della “teoria critica”), che è una versione “dde sinistra” di quell’anarco-capitalismo che impronta di sé da due o tre decenni il pensiero di destra. E che è stato adottato dalla sinistra (quella che per decenni ha giurato che “il liberismo è di sinistra”) come cosa propria. Al punto che un esilarante articolo del New York Times accusava di recente Donald Trump di avere “rubato” alla Teoria Critica i temi e il metodo di ragionare. (Has Trump stolen philosophy’s critical tools? di Casey Williams, New York Times, 17 aprile 2017). E al punto che un importante teorico queer (ha tradotto Judith Butler!), Federico Zappino, sostiene addirittura (La sfida della teoria gender, L’indice, 3 febbraio 2016) che la teoria gender esiste davvero, ed è la teoria queer, ed è solo per pusillanimità piccolo-borghese che il movimento lgbt non osa fare propria la radicalità della “teoria gender” anziché giurare che il gender non esiste.
Insomma: la necessità stessa d’un movimento collettivo gay è ormai apertamente messa in dubbio da un pensiero che afferma che in politica conta solo l’individuo, e che tutto quanto sia collettivo, sociale, condiviso (per esempio, l’identità di gruppo), è negativo, “ghettizzante”. E che afferma che l’omosessualità non esiste: è solo una “costruzione sociale” creata dal potere e imposta agli individui per impedire loro la libera espressione. “Ci servono identità liquide”, ossia la fine delle identità.
Peccato però che che se “i gay non esistono”, allora è insensato chiedere alla società il rispetto dei diritti dei gay. Che è poi la risposta che ha dato il presidente ceceno Karimov nel corso delle polemica a cui ho appena accennato: in Cecenia i gay non esistono, dunque i loro diritti non possono essere stati conculcati.
Questa “coincidenza degli opposti” non è una conseguenza imprevista del pensiero queer, bensì, io affermo, la sua ragione d’esistere. Esso punta a convincerci del fatto che la nostra felicità non dipenda mai dalla condivisione del nostro destino con quello d’altri come noi (come ha sempre affermato il movimento gay). Nessuno, infatti, potrà mai essere “come noi”. Ognuno di noi è unico come un fiocco di neve, chiuso nella sua solitudine, e al massimo potrà “embricarsi” o “intersezionarsi” (termini loro!) con altri, però mai condividere, compatire, essere, gli altri.
Da ciò nasce il bisogno ossessivo di attaccare sempre nuove lettere a “LGBT”, ossessione che si fermerà solo quando la sigla ne conterrà sette miliardi, una per ogni essere umano, cioè quando non vorrà dire più nulla, perché sarà inutile per distinguere la diversità d’un gruppo preciso di persone dal resto dell’umanità. In modo che, proprio come in Cecenia, i gay smettano infine di esistere.
Il momento per rimediare ai danni che ci ha fatto il dogma anarco-capitalista è ora. O impariamo a reagire come gruppo, e non come individui disperatamente soli e “unici”, o ci scioglieremo come i fiocchi di neve appena la temperatura politica si alzerà. E la temperatura si sta già alzando.
Sono davvero solo io in Italia a notare con allarme l’apparizione con frequenza sempre maggiore della tesi secondo cui i politici, anziché occuparsi dei problemi “veri” della gente, a iniziare dal lavoro, pensano ormai solo ai cessi per le persone trans? Possibile che nessuno riconosca lo schema per cui la gente nel 1933 era incazzata per lo strozzinaggio dei banchieri, e il nazismo suggerì che essi erano strozzini non in quanto banchieri, ma in quanto ebrei, e che “quindi” erano gli ebrei la causa delle sofferenze economiche?
Se non apriamo gli occhi ora, fra vent’anni ai gay adolescenti potrà sembrare strano che in passato le persone dello stesso sesso avessero accesso alle unioni civili. E che nel 2017 in Italia le decisioni sulle iniziative del movimento LGBTqiaepqrstuvz le dettassero i giornali e le associazioni di Soros…