Il fondatore della rivista Pride esce allo scoperto ed esprime le sue opinioni sul caso sollevato dalla trasmissione Le Iene contro UNAR e l’associazione ANDDOS senza peli sulla lingua, perché la libertà di parola non ha prezzo.
(prima pubblicazione Pride aprile 2017)
La gogna mediatica a cui è stato sottoposto il presidente di ANDDOS Marco Canale e tutta l’associazione è per me oscena e intollerabile.
Il caso è presto riassunto: le Iene hanno denunciato che ANDDOS avrebbe partecipato a un bando per ottenere un finanziamento pubblico per sovvenzionare il sesso che si fa nei circoli ricreativi suoi affiliati. Niente di più falso e fazioso: ANDDOS, regolarmente accreditata presso l’UNAR, ha partecipato a un bando con regole e procedure precise per ottenere un finanziamento per sostenere e potenziare i suoi centri ascolto e antiviolenza in collaborazione con l’università Sapienza di Roma, e il progetto è stato ritenuto idoneo a ricevere 55.000 euro di fondi pubblici.
Questa vicenda è diventata però il pretesto per una denuncia a 360 gradi dei circoli gay ricreativi italiani, colpevoli di offrire, oltre a serate di sesso, anche droga e prostituzione. Sul primo punto sono d’accordo: i circoli offrono a soci maggiorenni serate di sesso e possibilità di aggregazione sociale, insieme ad altri servizi tra cui l’informazione sulle malattie a trasmissione sessuale e la distribuzione gratuita di preservativi. Non posso dirmi d’accordo, invece, su droga e prostituzione, che non sono affatto nel pacchetto offerto dai circoli ricreativi, i quali mettono invece in campo tutte le iniziative possibili per contrastarne la presenza e la diffusione.
Io non metto in discussione un principio che, come mi auguro condividiate, sia non negoziabile, e cioè che un individuo adulto, maggiorenne e consenziente può fare di sé e del suo corpo, della sua vita e dei suoi spazi di divertimento quello che crede o vuole. Anche venderlo, il suo corpo, dato che in Italia la prostituzione non è reato. Per questo io contesto il modo e i toni de Le Iene perché hanno riportato in auge, servizio dopo servizio contro ANDDOS, un’ideologia neomoralizzatrice di cui francamente il paese non sentiva alcun bisogno.
Per Le Iene il fist, le orge, i naked party sono “da rispettare” ma sono stati mostrati con un’attenzione pruriginosa, manco fossimo negli anni ‘50 del Novecento. È questo che ha fatto la trasmissione, con il pretesto di difendere un finanziamento pubblico che in realtà, se fosse stato stanziato, avrebbe migliorato l’offerta di servizi alla comunità LGBT. A meno di non continuare a pensare che la violenza antigay non sia un problema nell’Italia di oggi.
D’altra parte non posso non segnalare che Le Iene, mentre pretendono di insegnarci il rispetto delle regole, sono state le prime a non averle rispettate. Entrare nei circoli gay ricreativi con telecamere nascoste e filmare persone maggiorenni che fanno sesso, per poi mandare quei video in prima serata è violenza bella e buona nei confronti dei soci ANDDOS, che, nonostante abbiano volti e facce sfocati, risultano a mio avviso riconoscibili. Come lo sono i nostri dipendenti che hanno accolto Le Iene nei nostri locali.
Questo non è tollerabile perché se Le Iene avessero voluto denunciare dei reati avrebbero dovuto rivolgersi alla magistratura, e non celebrare quello che è diventato un killeraggio mediatico senza limiti (in diretta conseguenza Pride è stata accusata di aver inventato l’omocausto – la deportazione dei gay nei campi di concentramento nazisti – dal quotidiano La Verità diretto da Maurizio Belpietro) A mio avviso è stato un processo ad ANDDOS tutta, senza la possibilità di una replica esaustiva.
Infine mi ha lasciato interdetto il relativo silenzio dell’associazionismo LGBT su di un caso che colpisce, oltre alla popolazione omosessuale italiana, tutto l’attivismo perchè il caso Iene attesta che nell’Italia del 2017 l’espressione della sessualità è ancora un tabù.
Ritengo che Le Iene abbiano prodotto servizi ingiusti, ignoranti e in buona sostanza omofobi. I raid contro i locali gay sono storia recente (Stonewall non vi dice nulla?) e non vorrei che, grazie alla crociata moralizzatrice de Le Iene, riprendessero qui e ora.
Con i circoli ricreativi abbiamo, per anni, fornito un servizio di prima accoglienza alle persone omosessuali, e anche i locali del sesso hanno contribuito all’origine della nascita di un’autocoscienza gay.Prima dell’esistenza dei locali gli omosessuali erano soli, non avevano un’identità collettiva. Con i locali e la possibilità di uno scambio di idee, che avviene insieme a quello dei corpi, si è dato il la al movimento LGBT nazionale. Da questo punto di vista mi sorprende quindi l’assenza di una difesa netta di Arcigay, o quello che ne resta, ad ANDDOS.
In tutta la vicenda resta un elemento curioso, che mi piace riportare. Per giorni, mentre l’accanimento de Le Iene nei nostri confronti raggiungeva il culmine, numerosi eterosessuali mi hanno avvicinato. Dicevano che vorrebbero circoli così anche per loro e che nel 2017 in Italia sembra che scopino solo i gay.
Sono editore di Pride da oltre 17 anni e un giornalista come Filippo Roma, che ha firmato quei servizi, non lo farei lavorare per me nemmeno gratis. Amministro un circolo ricreativo da molti anni e la mattina mi sveglio sereno e pronto a lavorare un altro giorno, dignitosamente, come frocio e gestore di un locale dove i froci scopano.