La vicenda dell’omosessualità di Brian Epstein (1935-1967), manager dei celeberrimi The Beatles, è in generale una storia poco nota ma di cui tutti i fan di questo gruppo rock non fanno mistero. Certo all’epoca non era cosa di dominio pubblico, tenendo conto che essere gay in Gran Bretagna era pure una cosa punita a termini di legge.
(prima pubblicazione Pride ottobre 2012)
Nato in una famiglia di ricchi negozianti ebrei di Liverpool, Epstein fin da piccolo coltivava interessi artistici. Come disegnatore di moda e designer, dato che i genitori erano proprietari del più grande magazzino di Liverpool che vendeva di tutto, dall’abbigliamento all’arredamento. Ebbe sempre uno spiccato interesse per lo “stile” e la capacità di cambiare e trasformare il proprio look alla moda con piccoli particolari e travestimenti.
A sedici anni abbandonò la scuola perché vittima continua di bullismo. Obbligato dal padre finì, però, arruolato nell’esercito. Lì, dopo dieci mesi, ci fu un piccolo scandalo perché si fece confezionare apposta da un sarto un’elegante divisa da ufficiale e la indossava bazzicando nei bar gay di Londra. Una sera fu arrestato da una ronda della polizia militare in un club a Piccadilly. Epstein riuscì a evitare la corte marziale accettando la visita con uno psichiatra dell’esercito. Costui lo diagnosticò “gay” con tanto di certificato medico, congedandolo per essere “emotivamente e mentalmente inadatto al servizio”. Lui, in seguito, ebbe a dichiarare che la sua vera esperienza sessuale la fece però solo dopo il suo ritorno a Liverpool.
Riacquistata piena libertà, riuscì addirittura a iscriversi ai prestigiosi corsi di recitazione alla Royal Academy of Dramatic Arts a Londra. Ma ecco che tutte queste inebrianti esperienze, dopo un anno, furono stroncate da un nuovo arresto. Nel 1956 un poliziotto in borghese lo pizzicò mentre si trovava all’esterno d’un gabinetto pubblico. Accusato di “molestia inopportuna e continuata”, fu rispedito col “foglio di via” a Liverpool.
Lì finì impiegato nei grandi magazzini di famiglia. Dato che era un grande appassionato di musica classica gli fu permesso di ampliare il reparto di elettrodomestici con un settore dedicato a grammofoni e dischi. Il reparto ebbe un immenso successo ed era frequentato da molti giovani che venivano per ascoltarvi tutte le ultime novità americane del rock’n’roll.
Naturalmente per il giovane Epstein fu come trovare una miniera d’oro e lo metteva in contatto con il genere di ragazzi che lo mandavano in estasi: etero, sfacciati, working class col look da teppista e soprattutto sessualmente disponibili. Con cautela, molti di loro finivano nel suo ufficio, posto proprio al piano di sotto. Luogo in cui di li a pochi mesi, nel dicembre del 1961, anche i quattro componenti dei Beatles avrebbero firmato un contratto, incaricando Epstein di far loro da manager. Ma andiamo con ordine. Brian Epstein non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe investito tutti i suoi risparmi in simili imprese musicali. Tutto ebbe inizio quando il suo negozio cominciò a vendere anche la fanzine musicale Mersey Beat grazie alla quale Brian iniziò ad appassionarsi ai gruppi di Liverpool.
Su questa pubblicazione riuscì ad avere una rubrica fissa, in cui scriveva recensioni. In cambio il suo negozio la finanziava con inserzioni pubblicitarie. Intanto arrivarono numerose richieste per un 45 giri di un gruppo locale di ragazzi tra i 18 e i 20 anni, chiamato The Beatles, che aveva raggiunto una certa nomea per aver suonato ad Amburgo e là, accompagnando il cantante Tony Sheridan, aveva anche inciso un disco per la Polydor con il nome The Beat Brothers.
Questo singolo della neonata band, My Bonnie, era diventato introvabile. Epstein, incuriosito, si fece dire dai clienti in che locale notturno cittadino si esibissero. Fu così che andando al Cavern Club ebbe modo di vederli e rimanerne folgorato. Erano proprio il genere di ragazzi per cui andava pazzo: giacche di pelle nera, jeans e capelli lunghi. Ne fu sessualmente attratto, specialmente da John Lennon. Subito andò ad incontrarli e si propose come manager. I Beatles si fidarono, conoscevano il suo negozio, sapevano che era ben introdotto in ambienti sociali e discografici che per loro erano off-limits. Grazie a lui ottennero un contratto discografico con la Emi.
Sin da subito seppero che lui era gay. Lennon faceva spesso dei commenti sarcastici a tale proposito, eppure al di fuori del gruppo a nessuno era permesso di fare allusioni. C’era la paura che i Beatles stessi fossero bersaglio d’insinuazioni. Nel frattempo Epstein aveva rifatto il look al gruppo, rivestendoli come andava di moda a Carnaby Street, con giacche di Pierre Cardin e pettinatura a caschetto. Inoltre aveva proibito al gruppo di fare rutti e dire parolacce in concerto, suggerendo anche l’inchino finale che sarebbe diventato il marchio di riconoscimento del gruppo.
Liverpool, benché avesse numerosi bar gay, non era affatto una città tollerante. Tant’è che Epstein passava i fine settimana in posti come Asterdam, Barcellona, Manchester e Londra. Nelle memorie dell’allora batterista del gruppo Pete Best, poi sostituito con Ringo Starr, si legge che dopo un concerto Epstein gli propose di passare la notte con lui in albergo ma Best rifiutò l’offerta. Quindi non si sa cosa possa essere veramente accaduto anche con gli altri Beatles. Per quanto riguarda John Lennon, invece, è ben documentato un breve intermezzo sessuale con Epstein, durante un viaggio di quattro giorni a Barcellona nell’aprile del 1963. I due partirono da soli il 28 aprile. Lennon era appena diventato padre, da sole tre settimane, del suo primo figlio Julian ma non esitò a lasciare a casa da sola sua moglie Cynthia. Quest’ultima ancora oggi sostiene che il rapporto tra il marito e Epstein fu “platonico”.
Epstein pagò l’ospedale per il parto, offrì la sua casa di Liverpool ai coniugi Lennon e fu pure il padrino al battesimo. Lennon stesso intervistato a proposito da Playboy, nel 1980, ebbe a dire: “Beh, era quasi una vera storia d’amore…ma non del tutto. Non fu consumata ma è stata una relazione molto intensa”. Eppure sembra che le cose fossero andate un po’ differentemente. Lennon non voleva avere responsabilità nella faccenda e godeva intimamente a far leva sull’aspetto masochistico di Brian Epstein. Esasperandolo. Che una persona come Brian impazzisse per lui lo faceva sentire importante e soddisfaceva il suo egocentrismo.
Intimamente Lennon sperava che Brian gli saltasse addosso, ma nel frattempo giocava al gatto col topo. Seduti insieme al tavolino d’un bar, John lo esasperava indicandogli tutti i bei ragazzi che passavano dicendo: “Quello ti piace? Te lo faresti?”. Il tutto con puntatine in locali dalla reputazione gay dove Lennon non si faceva certo ignorare. Il ventiduenne Lennon, poi, raccontò la storia al suo migliore amico Pete Shotton, aggiungendo altri particolari.
La cosa è trapelata solo nel 1983, quando costui pubblicò un libro di ricordi. Vi si legge che incontrò Lennon pochi giorni dopo il ritorno dalla Spagna, mentre a Liverpool già stavano diffondendosi i pettegolezzi. E lui stesso ebbe a confessargli: “In realtà qualcosa accadde con lui una notte. Epstein mi faceva continue avances, così una sera mi sono abbassato i pantaloni e gli ho detto esasperato: ‘Oh, Brian, per amor di dio, ficcamelo su per il culo!’”. Ma Brian rispose: “Veramente, John io non faccio quelle cose. Non è quello che mi piacerebbe farti. Mi piacerebbe solo toccarti”. Lennon all’amico Pete Shotton poi aggiunge: “E così lasciai che me lo menasse fino a farmi venire. Ma poveretto bastardo di Brian, ha già così tanti problemi con gli scaricatori del porto che approccia e poi lo picchiano a sangue!”.
Quest’ultima frase dimostra come i Beatles fossero ben a conoscenza delle avventure sessuali del loro manager e di come fosse totalmente passivo e masochista. Epstein, talvolta, spariva per giorni interi, per poi tornare ricoperto di lividi. La doppia vita tra la rispettabilità di un ricco borghese, tanto elegante quanto di successo, e i suoi impulsi sessuali lo gettavano in un intollerabile senso di colpa. Iniziò, sempre di più, ad alleviare l’incubo del rimorso con l’uso disperato di sonniferi. Nel silenzio soffriva per le sue fantasie e per i rifiuti.
Innamorato perdutamente del celebre cantante Eric Burdon, e da costui rifiutato, arrivò persino a prendere l’lsd pur d’avvicinarsi alla “mentalità di Eric”. A casa sua era solito travestirsi e mettersi a cantare, accompagnato al pianoforte dall’amico compositore di musical Lionel Bart (1930-1999). Tra 1966 e 1967 fu ricoverato d’urgenza due volte per abuso di barbiturici. Intanto i Beatles erano diventati il gruppo più famoso e ricco di tutto il mondo. Tanto che John Lennon liberamente dichiarava che “I Beatles sono più famosi di Gesù”, creando un grande scandalo che li fece mettere al bando dagli USA.
Epstein, nel corso degli anni, aveva messo sotto contratto altri nuovi musicisti che ottennero subito grandi successi: Gerry & The Pacemakers, Billy J. Kramer & The Dakotas e Cilla Black. Inoltre era in stretta amicizia anche con Marianne Faithfull e s’invaghì non ricambiato di Keith Moon, il batterista dei The Who (che avevano come manager Kit Lambert, anch’egli gay). Nel 1964 uscì l’autobiografia di Brian, in realtà scritta dal suo assistente Derek Taylor, dal titolo A Cellarful of Noise (Una collezione di suoni). Lennon che era sempre crudelmente sarcastico con Epstein lo derise dicendo che il titolo giusto sarebbe stato A Cellarful of Boys (Una collezione di ragazzi). Il tormento di dover reprimere in pubblico la propria omosessualità, la paura di poter essere ricattato e il senso di colpa che lo rese schiavo di rapporti masochistici, furono responsabili del suo carattere instabile. Altalenante tra reazioni calorose e improvvisi atteggiamenti gelidi, ira incontrollabile e improvvisi pentimenti.
Quando i Beatles nel 1966 annunciarono che non avrebbero mai più fatto tournée, Epstein ebbe la consapevolezza di non avere più un ruolo fondamentale per il gruppo dei suoi “pupilli”. Il fallimento della “Setaeb”, società che gestiva il merchandising mondiale col marchio dei Beatles, lo fece cadere in una spirale di depressione e assuefazione alle droghe e sonniferi.
Il suo cadavere fu trovato il 27 agosto 1967 nella casa di Londra. La causa del decesso fu imputata a un’overdose di tranquillanti, probabilmente del tutto accidentale. Aveva solo 32 anni. Eppure, come accade per una vera leggenda del rock, la sua morte è tutt’ora avvolta nel mistero a causa di molte contraddizioni nelle indagini ufficiali. Per ironia della sorte un mese dopo la scomparsa di Brian Epstein l’omosessualità fu del tutto depenalizzata, con un decreto legge, in Inghilterra.