Immaginate di trovarvi in una bella città d’arte mitteleuropea per un city break e di avere prenotato presso l’ufficio turistico una guida per una prima visita di esplorazione. Supponiamo che la guida si chiami Ingrid e vi accompagni in una breve passeggiata a piedi di un paio d’ore per un primo contatto con la città. Ingrid vi presenta in sintesi gli edifici e i luoghi principali del centro storico: è simpatica, spigliata, parla italiano fluentemente. A un certo punto si ferma davanti all’imponente monumento di un condottiero a cavallo, fornisce qualche informazione storica generale sul personaggio e poi aggiunge, con tono professionale, che il principe Eugenio di Savoia (1663-1736) era già ai suoi tempi noto per essere omosessuale, al punto che la cugina di Luigi XIV, Liselotte von der Pfalz scrisse che “non si dava da fare con le donne, preferendo di gran lunga la compagnia di una coppia di bei paggi”. No, non è una fantasia. Ingrid esiste veramente, ed è una delle tante guide turistiche preparate ad accogliere anche una clientela glbt, e voi semplicemente siete a Vienna, una metropoli normale, dove due donne o due uomini che camminano per strada mano nella mano passano assolutamente inosservati. Ma torniamo al “nostro” Eugenio di Savoia. “La sua nota propensione per gli uomini, di cui amava circondarsi non solo sul campo di battaglia, ma anche nella vita privata,” prosegue Ingrid, “non gli impedì di diventare un eroe nazionale (pur essendo di origini sabaude) e di fare una folgorante carriera nell’esercito austro-ungarico sotto tre diversi imperatori…” Il principe Eugenio preferiva passare la maggior parte del tempo in mezzo ai suoi soldati (né ci stupisce, del resto, date le sue preferenze), e ci immaginiamo, certi di non essere lontani dal vero, che fosse proprio questo suo “speciale feeling” verso gli uomini della truppa a farne un condottiero carismatico capace di trascinare le sue divisioni in imprese quasi impossibili sulla carta, come lo sbaragliamento dell’esercito ottomano sul Tibisco nel 1697, con forze numericamente di parecchio inferiori.
Il monumento equestre che campeggia davanti alla parte più recente del celebre palazzo imperiale nota come Neue Burg non è l’unica testimonianza del passaggio del principe Eugenio nella capitale austriaca. Ben più imponente, e affascinante, è il Belvedere, la sua residenza viennese fuori porta, oggi poco a sud-est del Ring, la circonvallazione ricavata dall’abbattimento delle antiche mura difensive voluto nell’800 da Francesco Giuseppe. Benché meno faraonica della residenza imperiale estiva di Schönbrunn, a detta di molti il Belvedere le è senz’altro superiore per buon gusto, ribadendo ancora una volta che il senso estetico degli spiriti omosessuali non è acqua. L’ultimo imperatore sotto cui Eugenio di Savoia servì fu Carlo VI, padre di Maria Teresa, e anche di lui si sussurrava fosse omosessuale. Era infatti così fortemente legato al conte Michael Johann III Althan che quando questi morì nel 1722 “l’imperatore in lutto dichiarò senza mezzi termini ‘di averlo amato profondamente in 19 anni di vera amicizia’,” ci informa solerte la nostra guida.
Dire Vienna e pensare musica e ballo, si sa, è tutt’uno. Non lontano dal palazzo imperiale dello Hofburg, affacciata sul Ring, sorge la Staatsoper, l’Opera di Stato, che a sua volta ha a che fare con l’omosessualità fin dalle sue origini, e non solo perché da sempre meta prediletta delle melochecche di mezzo mondo. L’edificio fu infatti progettato da una coppia di architetti omosessuali dai nomi che sembrerebbero pseudonimi da drag queen se non fossero veri: Eduard van der Nüll (1812-1868) e August Sicard von Sicardsburg (1813-1868). Preparato il progetto, i due architetti iniziarono i lavori prima che venisse completato il Ring. Sfortunatamente, in fase di esecuzione, il livello stradale dovette essere alzato di oltre un metro rispetto al previsto, con il risultato che la base dell’edificio rimase interrata e la scalinata di accesso risultò sproporzionata rispetto al resto. L’opinione pubblica viennese non risparmiò le critiche alla clamorosa svista degli architetti e fu quasi sicuramente a causa di ciò che il 3 aprile 1868 Eduard van der Nüll si impiccò, e poche settimane dopo August Sicard von Sicardsburg, già minato da una tubercolosi, distrutto dal dolore seguì il suo compagno nella tomba. Il teatro venne inaugurato postumo nel 1869 con il Don Giovanni di Mozart.
Continuando nella visita della città seguendo il filo rosa gay e musica si arriva immancabilmente a Franz Schubert (1797-1828), cui è dedicato un piccolo museo allestito nella sua casa natale al n. 54 di Nussdorferstrasse, presso palazzo Lichtenstein, e di cui solo da pochi anni gli studiosi hanno riconosciuto apertamente i gusti omosessuali . Schubert morì a soli 31 anni in un’altra casa, al n. 6 di Kettenbrückengasse, non lontano dal Naschmarkt, per una sifilide che pare avesse contratto, crudele ironia della sorte, durante l’unico rapporto mai avuto con una donna! Sarà il caso, o l’influsso di una sorta di genius loci, ma proprio nei pressi del celebre mercato delle pulci e della non meno celebre Sezession – l’edificio-simbolo con cui Otto Wagner, Kolo Moser e Gustav Klimt nel 1897 ruppero con l’arte borghese di fine 800 inaugurando la trionfale stagione della Secessione viennese – sono concentrati oggi alcuni dei più interessanti locali gay di Vienna. Primo fra tutti, il Savoy (Linke Wienzeile 36), un tradizionale, autentico caffè viennese frequentato da un’umanità glbt che più varia per età e gusti non si potrebbe.
Poco più lontano, in Linke Wienzeile 102, sorge un’autentica istituzione sul cui orientamento le varie tonalità – dal rosa al viola – dell’intonaco non lasciano dubbi: è la Rosa Lila Villa (www.villa.at), che si fregia del titolo di “Prima casa delle lesbiche e dei froci di Vienna”, che dal 1982 ospita organizzazioni politiche omosessuali e spazi per socializzare. Fra il Naschmarkt e il Museumsquartier, sono disseminati diversi altri locali: il Felixx (Gumpendorferstrasse 5; www.felixx-bar.at) uno dei pilastri storici della gay scene viennese è un piacevole ambiente ricercato ma popolare con simpatiche serate a tema, dove bere ottimi vini e cocktail, e volendo anche sbocconcellare qualcosa; il Village (Stiegengasse 8; www.village-bar.at) è un classico bar gay, popolarissimo e sempre stracolmo di una folla giovane, mista, vociante e fumante; il Mango (Laimgrubengasse 3), anch’esso sempre strabordante di clientela giovane, fra specchi, buona musica e buoni cocktail. La scelta di caffè, bar e ristoranti gay e gay friendly a Vienna è naturalmente molto più ampia, e non è limitata soltanto al quartiere del Naschmarkt. Non potendo qui descriverli tutti, si consiglia di consultare la Vienna Queer Guide scaricabile in forma elettronica dal sito www.vienna.info/en/vienna-for/gay-lesbian o fornita in forma cartacea all’ufficio di informazione turistica di Vienna in Albertinaplatz, di fronte al famosissimo museo che vanta la più grande collezione di opere grafiche del mondo e una bollente passione omosessuale in qualche modo connessa con le sue origini: l’Albertina venne infatti fondata dal duca Alberto di Sassonia-Teschen, la cui moglie, l’arciduchessa Maria Cristina (1742-1798), si mormorava avesse una relazione lesbica con Maria Isabella di Borbone-Parma (1741-1763), allora moglie del futuro imperatore Giuseppe II.
L’Albertina ci ricorda che Vienna è anche una delle capitali mondiali della cultura e dell’arte, ma a partire dal XVIII secolo e fino alla fine dell’impero la capitale austriaca è stata soprattutto una delle capitali mondiali della musica. Musica colta ai massimi livelli, come ben sappiamo, Haydn, Gluck, Mozart, Beethoven, Schubert appunto, Mahler, e poi ancora Bruckner, Webern, Berg, Schoenberg… Ma anche musica più ”leggera”: nell’800 in riva al Danubio impazzano l’operetta e gli Strauss, padre e figlio, con cui si diffonde la mania del valzer, che da Vienna presto contagerà l’Europa e il mondo. A Vienna la passione per le feste da ballo toccherà vette ineguagliate, e anche quando la moda nelle altre capitali europee sarà ormai passata da un pezzo, qui la tradizione continuerà a essere praticata a lungo e lo è ancora oggi. Lo sviscerato amore dei viennesi per le feste da ballo ha avuto la capacità e il talento di sapersi traghettare fino alla modernità aggiornando abbigliamento e genere di musica, ma sostanzialmente conservando pressoché intatto lo spirito originario.
È il caso del Life Ball, il ballo organizzato a partire dal 1993 a scopo di beneficenza, per raccogliere fondi per i malati di Aids e che oggi, giunto ormai alla ventunesima edizione, ha assunto l’aspetto di una kermesse mondana di dimensioni planetarie, con ospiti di prestigio, parate di carri allegorici, sfilate di moda, concerti, e parecchie migliaia di partecipanti, che la notte del clou (quest’anno il 25 maggio) si scatenano sulle piste da ballo di tutti i locali di Vienna. Per accedere al cuore di questa festa ruggente all’insegna della solidarietà e della tolleranza, che nella sua fase finale viene ospitata nel Rathaus, il municipio, messo a disposizione dal sindaco, si deve acquistare un biglietto di accesso di 750 euro, mentre per la cena riservata ai tavoli dei vip si paga la bellezza di 3000 euro. Soldi che naturalmente vanno ad alimentare i fondi destinati alla lotta all’Aids.
Il Life Ball (www.lifeball.org), che oltre alle sue nobilissime finalità, diventa anche un ottimo pretesto per abbigliarsi con fantasiosa eleganza o travestirsi e per divertirsi alla grande, non è però l’unica occasione per sensibilizzare festeggiando riservata da Vienna al variegato popolo glbt: dal 29 maggio al 2 giugno è la volta del Vienna Fetish Spring; a ruota segue, dal 6 al 16 giugno, il Queer Film Festival “Identities”, cui in parte si sovrappone, dall’11 al 16 giugno la costellazione di eventi che compongono il Gay Pride, culminante il 15 giugno nella partecipatissima Regenbogenparade, ovvero Parata Arcobaleno. Poi, dal 29 agosto al 1° settembre si va in trasferta a Velden, sul lago Woerthersee, nel sud dell’Austria non lontano dai confini con l’Italia e la Slovenia, dove si tiene un gay festival intitolato Pink Lake. Quindi, dal 24 al 27 ottobre si torna nella capitale per Vienna in Black, festival internazionale leather e fetish. E infine, nella stagione invernale si moltiplicano le risposte glbt ai grandi balli “straight” della tradizione: e così, nel 2014 sono già in programma il Kreativball (31 gennaio e 1° febbraio), il Rainbow Ball (22 febbraio) dedicato al valzer viennese in chiave gay e lesbico, e il Rosenball (27 febbraio), risposta glbt al Ballo dell’Opera in chiave house e disco (per il programma aggiornato degli eventi glbt a Vienna si veda www.wien.info/en/vienna-for/gay-lesbian/events).
Quasi d’obbligo per un gay a Vienna è una visita ai luoghi della principessa Sissi, l’imperatrice Elisabetta (1837-1898), moglie di Francesco Giuseppe, divenuta nel XX secolo un mito della cultura di massa. Particolarmente cara ai gay per la sua natura ribelle, recalcitrante al rigido cerimoniale di corte, per il suo culto della bellezza, della giovinezza e della forma fisica, che la portava a sottoporsi a esercizi fisici e cavalcate estenuanti, insomma per un complesso di elementi che la caratterizzano facendone quasi una diva hollywoodiana. Nel museo a lei dedicato all’interno degli Appartamenti Imperiali dello Hofburg, fra abiti, gioielli, ritratti e cimeli, è stata ricostruita anche la sua palestra personale, dove temprava impietosamente il suo corpo nella ricerca ossessiva di una condizione fisica che la avvicina a tante nature nevrotiche e anoressiche che popolano il paesaggio dei nostri tempi, rendendola una figura quanto mai moderna e vicina alla nostra sensibilità.
Chi pensasse però che Vienna sia una città che si guarda indietro dovrà ricredersi. Ancora fino a pochi anni fa, aveva fama di essere una città popolata o visitata da pensionati nostalgici di un passato glorioso ormai perduto per sempre, fra tintinnii di sciabole e speroni, feste da ballo e notti riecheggianti degli zoccoli dei cavalli sul selciato. I cavalli a dire il vero ci sono ancora, e tirano i numerosi fiaker che continuano a percorrere le vie del centro storico per la gioia dei turisti. Ma forse sono l’unica cosa, insieme ai palazzi e ai musei, che ancora rimanda a quel passato. Dalla caduta del muro di Berlino Vienna ha ricevuto una spinta propulsiva straordinaria. Da città di frontiera addossata alla Cortina di Ferro e rimasta per decenni come congelata, sospesa fra est e ovest, si è ritrovata a essere città-crocevia, recuperando il suo storico entroterra est-europeo. Basti come prova il fatto che dall’89 a oggi è stata una delle pochissime città europee a crescere, passando da 1.500.000 a 1.700.000 abitanti, grazie anche al flusso di immigrati dai paesi orientali che un tempo erano parte del suo impero. Ed è diventata anche una delle prime città al mondo per qualità della vita: in un’indagine dell’Economist è risultata seconda assoluta (preceduta solo da Vancouver in Canada) nella classifica delle città più vivibili del pianeta e prima assoluta secondo la società di consulenza newyorkese Mercer. Questo benessere si deve certamente anche al fatto che oggi Vienna è una città aperta e tollerante. Ne sono una riprova le tante manifestazioni nel corso dell’anno che vedono protagonista il popolo glbt e la partecipazione di decine di migliaia di persone. Ne è una riprova il fatto che l’ufficio di promozione turistica cittadino si rivolge esplicitamente al turista gay e lesbico, ma ancora di più il fatto che sempre più bar, caffè, ristoranti, negozi e hotel si dichiarano convintamente e orgogliosamente gay friendly. Nella Vienna Queer Guide non trovate gli hotel, è vero, ma niente panico: rivolgetevi fiduciosi all’ufficio informazioni turistiche, specificando le vostre esigenze e chiedendo esplicitamente un hotel gay o gay friendly e sarete prontamente esauditi. Saremmo addirittura disposti a scommettere che tutti gli hotel di Vienna sono gay friendly senza rischiare di sbagliare.
Noi ne abbiamo provati un paio, che ci sentiamo di consigliare vivamente. Per esempio Le Méridien, aperto nel 2011 e primo hotel di lusso dichiaratamente gay friendly a Vienna: pur essendo proprio sul Ring, a due passi a piedi da tutto, è silenziosissimo, disseminato di opere d’arte contemporanea molto camp (nel senso migliore del termine); le stanze sono fantasiose, luminose e personalizzate da tocchi artistici. Nell’hotel si tengono anche piccoli eventi, come video art, performance, happening ecc. II Topazz (hoteltopazz.com), primo di una piccola, raffinata catena, è un hotel di design ecologico, biologico e gay friendly fino al midollo, curato in ogni dettaglio e a misura di cliente, situato ai bordi dello Hoher Markt, piazza sorta sul luogo dell’antico foro romano. Qui siete a due passi da alcuni gay “hotspot” annidati nel cuore più antico della capitale austriaca. Innanzitutto, quasi dietro l’angolo, il Why Not (www.why-not.at), nel Tiefer Graben 22, una discoteca piccola ma ribollente celata nelle viscere di Vienna e sulla cresta dell’onda ormai da tre decenni (attenzione: aperta solo il venerdì, il sabato e nei prefestivi). Poco più lontano, appena oltre la cattedrale di S. Stefano, la Kaiserbründl (www.kaiserbruendl.at), in Weihburggasse 18, è la sauna a ragione più famosa e particolare di Vienna (che pure ne vanta diverse): un labirinto di piscine, spazi relax, cabine, salette, darkroom, saune secche e al vapore con arredi pseudostorici in stile “Maciste e la Regina di Saba”.
Una sauna di cui si narrano leggende esisteva nel Prater, il famoso parco viennese sull’isola del Danubio. Era all’interno del più grande e articolato complesso di bagni della città, molto popolare ma ormai anche molto decaduto. Un paio di anni fa, venne chiuso, ma grazie al cielo solo per essere trasformato in un vasto centro artistico-ricreativo composto di bar, discoteca, spazi per mostre e altre attività culturali, conservando delle origini il nome, Pratersauna, e una piccola sauna funzionante, mentre il giardino con sedie a sdraio e piscina (dove volendo si può anche fare un tuffo!) è stato trasformato in un piacevole luogo di sosta per le serate estive (www.pratersauna.tv).
Chi ricorda la Vienna di qualche decennio fa – nostalgica, sonnacchiosa e noiosetta – stenterà a riconoscere una città dove in estate succede davvero molto. E non solo più nel luna park dominato dalla celebre ruota panoramica.