“Sei passivo?”. “Dipende da come sei”. “Altrimenti sei attivone?”. “Altrimenti sono etero”. Questo divertente scambio di battute è realmente avvenuto su Grindr, una tra le più conosciute app per incontri tra uomini.
Non sempre purtroppo il livello della chiacchiera sfiora l’ironia e spesso, oltre a essere presi a pesci in faccia (“sei troppo vecchio”, “sei un cesso”, “gira alla larga”…), ci si imbatte in persone particolarmente insistenti o proprio maleducate.
Quando accade, l’unico modo intelligente per sdrammatizzare è riderci sopra, e proprio a questo scopo è nata la comunità su Facebook “I Gentlemen di Grindr”, sulla quale vengono pubblicati gli scambi di messaggi più assurdi, violenti o deliranti forniti dai fan o dagli amministratori della pagina.
La pagina è davvero molto seguita e vale un “mi piace” tanto da essere ormai un punto di riferimento della comunità gay virtuale. Sempre più spesso capita di incrociare sui social network immagini di conversazioni come quella che abbiamo anticipato o quella pubblicata su questa pagina.
“I Gentlemen di Grindr” oltre a raccogliere tentativi di seduzione particolarmente ironici, taglienti, goffi o sfacciati è anche uno spazio di discussione su svariati temi, da quelli più leggeri a quelli più importanti per la comunità LGBT come ci hanno spiegato gli amministratori della pagina Nino Raia, Matteo Clementi, Silvio Giardina e Luca Modenese.
La pagina è nata con l’intenzione di “esorcizzare aspetti negativi della vita gay vissuta dai gay”. Gli amministratori, “fieramente gay e dichiarati”, spesso esortano “al coming out i fan della pagina che ancora non se la sentono di rivelarsi per paura del pregiudizio o del giudizio”. Farlo può essere più o meno difficile, ma “non è più tempo di nascondersi, più siamo a dirlo e meglio è per tutti, specialmente per avere finalmente il riconoscimento dei nostri diritti”.
Le discussioni sul gruppo in molti casi toccano dei nervi scoperti e capita spesso che nei commenti vengano affibbiati agli amministratori della pagina epiteti anche molto pepati. Loro non fanno una piega: “Rappresentiamo tutti gli epiteti con cui ci additano, o forse non ne rappresentiamo nessuno. Forse sugli stereotipi ci giochiamo, o forse in fondo lo siamo per davvero e non ce ne rendiamo conto”. Sostanzialmente sono “quattro ragazzi normalissimi che amano provocare”. Ma come e perché si diventa “gentleman”?
Secondo loro le chat “sono considerate da molti solo un mezzo per ottenere sesso facile”. Si dà insomma per scontato che anche gli altri cerchino la stessa cosa e si ritiene “superfluo presentarsi educatamente e provare a cercare di stabilire un contatto con l’altro”.
Poi la “scarsa possibilità di approccio nel mondo reale” da una parte, e la grande disponibilità di opportunità nel virtuale possono portare “alla foga e alla sete di occasioni, che rendono tutti un po’ allupati”. Con l’ormone impazzito si tende a sragionare. Gli amministratori della pagina sottolineano anche che per molti che non vivono apertamente la propria omosessualità quella virtuale è l’unica modalità utilizzata per cercare appuntamenti e qualcuno sfoga le proprie frustrazioni sugli altri iscritti dopo aver ricevuto un rifiuto.
Ci hanno anche confessato che a furia di leggere conversazioni di e con “gentlemen” lo sono diventati anche loro, ma solo “un pochetto”. Quindi attenzione, potrebbe essere contagioso! Ma come rendere (almeno un poco) più costruttivi gli scambi sulle applicazioni e sui siti gay?
Innanzitutto bisogna sempre tenere a mente che questi sono dei semplici strumenti, senza una propria connotazione esclusivamente negativa o positiva. Proprio sui lati positivi bisogna puntare, ossia “ampliare la possibilità d’interazione con nuove persone, nella stessa maniera in cui lo si farebbe dal vivo, non bisogna dimenticare che in chat ci stanno delle persone, non degli oggetti”.
Se non vogliamo essere trattati come oggetti, dobbiamo per primi smetterla di trattare gli altri come tali, il fatto che “tanto lo fanno tutti” non è una scusa sufficiente per essere dei cafoni: “Essenziale è il rispetto, verso gli altri e verso noi stessi, sia quando si scrive per primi, sia quando si risponde”.
L’invito è quindi quello di pensare sempre alla persona che, come noi, sta dietro allo schermo e riflettere sempre su quello che scriviamo, o non scriviamo, agli altri utenti.
Per concludere con le loro parole “inacidirsi e insultare non serve a nulla, si rischia solo di finire sulla nostra pagina”.