Altro che piccolo schermo, Costantino della Gherardesca è riuscito a tenerci incollati alla TV per la quarta stagione di Pechino Express. Il programma di Rai 2 vede sfidarsi otto coppie, tra cui Scialpi e il marito Roberto e la coppia composta dal blogger Andrea Pinna e il personal trainer Roberto Bertolini, in un viaggio ai confini della realtà attraverso il Sud America con un budget di un euro al giorno. I concorrenti, partiti dalla capitale dell’Ecuador, Quito, percorreranno via via diecimila chilometri, attraversando Machu Picchu e il lago Titicaca in Perù, per raggiungere Rio de Janeiro,
E guardare lo show è esattamente come assistere a un pride, tanto che ll Fatto Quotidiano ha definito la trasmissione “l’edizione più gay della trasmissione più gay della storia della tv italiana”. E oltre all’analisi meramente quantitativa (fra conduttore e concorrenti si contano ben sei gay, tra cui c’è anche Luca Tomassini e persino una ragazza bisessuale, Naike Rivelli, figlia di Ornella Muti) Il Fatto ne fa anche una qualitativa: “con la giusta dose di sarcasmo cattivello” la trasmissione spalanca “per quanto possibile in uno show di prima serata sulla Rai, il velo di ipocrisia catodica a cui ci ha abituati la tv degli ultimi decenni”.
Il quotidiano centra il punto, dopo il cinema, e sono solo di qualche anno fa gli imbarazzi di Rai 2 con la censura del bacio tra i due cowboy di Brokeback Mountain, la coppia e il matrimonio gay (Scialpi si è sposato all’estero) conquistano la prima serata. È un’evoluzione della TV Italiana che a partire dal coraggio en travesti di Paolo Poli, attinge a piene mani dalla gaytudine di Cronache Marziane di Fabio Canino, e affianca l’effervescenza di Platinette, e crea un umorismo gay addomesticato che potremmo definire camp per eterosessuali, mostrando una visibilità che fin qui la tv italiana aveva ignorato (con rare eccezioni come le fiction di Ivan Cotroneo). E di certo mette una pietra tombale sul troppo non detto delle tonnellate degli Amici di Maria de Filippi arcobaleno, che ancora latitano nel coming out .
Certo non è mancato chi, omosessuale, ha parlato di occasione persa, di personaggi trash e dell’uso di stereotipi: il palestrato, il nerd intellettuale, la frocia emotiva (Scialpi che piange perché non trova dove dormire è impagabile) e così via. Non sono d’accordo: mi sembra solo che questa opinione dia voce all’insopportabile vanità del presunto gay normale che non è mai frocio come quelli lì nei quali si è specchiato in TV. Volenti o nolenti siamo orsi, palestrati, nerd, sfigatelli, machi e checche. Il gay normale (o l’etero travestito) esiste solo negli incubi di chi ha paura di quello che è, e ben ha fatto della Gherardesca a raccontare una parte di quello che siamo, favolosità e miserie comprese.