Attrice e autrice brillante, in grado di spaziare con disinvoltura dalla radio alla TV al teatro, Barbara Foria si racconta senza peli sulla lingua a Platinette.
(prima pubblicazione Pride estate 2018)
Se la conosci non la eviti, anzi, la inviti… a cena, forse, e senza seconde intenzioni di natura ormonale. O se non a cena basta un tè, un caffè, un me (per citare una classica battuta “frociarola”) e la conversazione va da sola. La Foria fa ed è Euforia, titolo anche del suo spettacolo teatrale (regia di Claudio Insegno, uno bravo davvero) dove sta in scena per un’ora e mezza da sola, ma con tutti i personaggi che le vivono dentro e che, manco fosse un prestigiatore, Barbarè fa uscire dal suo cilindro magico.
Una donna forte, o almeno lo sembra, che piace moltissimo al pubblico, sia a quello generalista e trasversale per età sia a quello più circoscritto (ma poi nemmeno tanto) del gay people italico.
Com’è che sei diventata subito un’icona gay non l’ho proprio capito…
Nemmeno io. Forse perché son bionda come la Carrà, come la Pravo, come Madonna. E in più sono bionda dentro… Scherzo, in verità credo che l’empatia che provo subito con il pubblico dipenda da quello che a loro arriva: sono una donna, parlo di uomini e lo faccio con la consapevolezza che il contenuto arriva a entrambi i sessi, ben oltre le eventuali sfumature di genere, e spero sia questo che innesca quell’intesa che mi piace, apprezzata da persone di orientamenti sessuali anche molto differenti.
Quindi, come fai tu, quando parli del maschio, piaci a tutti/e…
Sì, quando non dico meraviglie del masculo inteso come quello ruspante, virilone e un po’ tonto, gli uomini a cui piacciono altri uomini un po’ in me s’identificano. Poi mettici pure che se per esempio parlo di quei maschi che si depilano, vanno in palestra, sono tutti perfettini, penso e dico che noi donne vogliamo l’amore con la A maiuscola e poi ci ritroviamo degli uomini con la C minuscola… Le donne e i gay passano attraverso lo stesso tipo di esperienza, nei casi in cui i rapporti non vanno bene ecco che condividere una specie di destino comune fa sì che ci si capisca. Sono un’attrice, ma anche le star patiscono in amore, e nel mio caso reagiscono pure, a volte come uomini…
Tu sei anche un po’ tanto maschia: spalle larghe, volitiva, per niente incline agli ammiccamenti, eppure ti esce come fosse un brufolo una fragilità di donna, se non proprio di ragazza…
Sono giovane dentro. E sono una donna, anzi una superdonna! Quando i miei colleghi uomini mi dicono che sul palco sembro un uomo, e non lo prendo come un complimento, capisco però cosa vogliono dire: c’è in me una specie di androginia esteriore, e forse non solo, che mi fa essere più forte di quello che appaio, e poi c’è la continua voglia di misurarsi con gli stereotipi dell’uomo, un po’ barbaro più che barbara, e allora mi diverto prendendoli un po’ in giro, quando ne riproduco la goffaggine, le incapacità, sulle quali mi misuro e misuro anche la mia dipendenza, come quella gay, da questi bipedi tanto criticabili quanto desiderati, e qui mi rendo conto che c’è sempre lo stesso problema: li amiamo, li odiamo e poi di nuovo il giro ricomincia.
Sembri Mina: ti odio, poi ti amo, poi ti odio, poi ti amo…
È solo raccontando il meglio o il peggio di sé che il cabaret ha un senso e diventa vita vissuta, e poi ascolto molto quello che capita agli altri, alle amiche, e quello che succede davvero è spesso fonte di battute, scritte da una realtà che supera di gran lunga anche la più fertile delle penne o menti di spettacolo; bisogna capire cosa ci sta intorno e a me piace, anche sul palco, interagire col pubblico, andare a braccio, farmi raccontare le loro esperienze, anche coi timidi di poche parole o con le sfacciate che in un secondo ti raccontano una vita intera. E poi c’è Napoli, io sono proprio terrona dentro, pronta alla passione e pronta a sventagliarti la faccia con miliardi di parole e mani che non le fermi più, sono spudorata, come invece non sono affatto nella vita privata.
Fammi capire: non sei certo una moralista dai rigidi parametri e non sei un’esagerata da qui all’eternità: quindi? Una curiosa? Una e trina?
Ma che trina e trina… Sono una donna, non sono una santa, diceva la canzone, ma pur avendo avuto alcune corteggiatrici non ho mai avuto un’esperienza amorosa saffo-lesbica: è un mondo che mi sfiora, ma è meno visibile di quello gay, è più nascosto, e solo per questo che meno si presta a essere utilizzabile in scena e poi ecco, in questo caso, gli amori di donne hanno come un alone che non induce a sfarfallare come facciamo noi artisti di varieté…
Quindi fai teatro, ma poi c’è anche tanta TV e un pizzico di cinema; figlia mia, da’ retta a una vecchia e nemmeno tanto volpe: mescola tutto e buttati in un one woman show per il palcoscenico, da riprendere in TV, e magari ne esce pure un bel clip gigante per il cinema…
Questo sì lo vorrei, anche subito! Ma pare che per noi donne la TV, in questa veste, non sia poi così facile o praticabile. Io sono pronta e credo anche il pubblico, ma non so se lo siano i direttori di rete, i produttori e le alte vette negli uffici che contano… Mo’ vediamo, ho tutti i miei personaggi che non aspettano altro: che vulimmo fa’? Se aspettiamo troppo rischio la ruga precoce o me devo fa’ o’ botulino? Così da donna vera mi trasformo in una statua di marmo, come quelle amiche magre e sempre perfette, che ti fanno rabbia per quella taglia che portano ma anche tanta tenerezza per l’insicurezza che hanno addosso.
Adesso però vedi di alzare quello stacco di coscia che c’hai, se no le prove in teatro chi le fa?
Grazie per lo stacco di coscia, preferisco il cosciotto, ma questo è un altro discorso…