In attesa dei prossimi appuntamenti elettorali quali sfide ci aspettano? Lo abbiamo chiesto a Franco Grillini, storico esponente politico LGBT italiano, e a Marco Giusta, a lungo militante in Arcigay, oggi alla prova come assessore del M5S a Torino.
(prima pubblicazione Pride gennaio 2017)
Per fare un bilancio del lavoro svolto fin qui e capire quali sfide si aprono adesso per il movimento LGBT abbiamo interpellato uno dei suoi padri fondatori, Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay nazionale ed ex deputato, e un giovane dirigente che da quel movimento proviene, Marco Alessandro Giusta, assessore alle Famiglie del comune di Torino a guida Movimento 5 Stelle.
“Il 2016 non è stato male per la militanza: aver avuto 20 pride credo sia stato il massimo raggiunto finora come manifestazione dell’orgoglio gay”, spiega Grillini. “Non dimentichiamo poi la grande manifestazione di gennaio delle 100 città, che ha avuto un enorme significato politico per aver svuotato politicamente il Family Day e soprattutto per aver dato la spinta definitiva all’approvazione della legge. Inoltre, i contrasti all’interno del movimento sono stati smussati e anche chi aveva molto criticato la legge ha finito addirittura per fare il celebrante. La legge ha avuto un successo inaspettato, specie per quanto riguarda i piccoli comuni dove si festeggiano le unioni con la presenza di tutto il paese: è un’autentica rivoluzione culturale. Non dimentichiamoci poi della sentenza della Corte Costituzionale sul cambiamento di sesso che non obbliga più all’intervento chirurgico e quella che di fatto introduce la stepchild adoption mancante nella Cirinnà. Ora il governo Gentiloni dovrà portare a termine la validazione delle unioni civili coi tre decreti attuativi finali coi quali chiudere sul piano giuridico la vicenda della legge, correggendo quel che non andava ed è emerso via via che le unioni venivano celebrate: per esempio la questione del codice fiscale in caso di doppio cognome o la certificazione di celibato per le unioni con stranieri che provengono da paesi dove l’omosessualità è reato”. Aggiunge poi che “la disciplina delle unioni civili è molto simile a quella matrimoniale, richiamata in continuazione nelle norme giuridiche tranne per la questione delle adozioni, però la battaglia deve continuare perché il matrimonio egualitario si raggiunga esplicitamente”.
Per Grillini il fatto che tutti i partiti si siano schierati in modo netto su questo tema, spesso dividendosi al loro interno, ha fatto bene al sistema politico: “Il centrosinistra è rimasto compatto, e sono rimasto impressionato quando Renzi ha posto la questione di fiducia al Senato: vedere quelli di NCD che perciò dicevano sì alla legge Cirinnà è stato impagabile. La Lega si era schierata contro, ma poi alcuni sindaci hanno celebrato le unioni in perfetta disobbedienza ai diktat di Salvini. Anche Forza Italia si è spaccata a metà. In genere le amministrazioni del M5S hanno celebrato senza problemi, mentre diverso è stato il loro atteggiamento in aula quando hanno votato secondo libertà di coscienza sulla stepchild adoption. Io ho avuto l’impressione che questa giravolta fosse dovuta alla necessità di guadagnare il voto cattolico alle elezioni romane, poi stravinte da Virginia Raggi. In linea di massima c’è stato un atteggiamento positivo a livello locale, con gli amministratori presi dal movimento LGBT come a Torino, Livorno e Pavia, ma pessimo in parlamento. La loro realpolitik ci dice che il M5S è un partito come gli altri”.
Tra i banchi di Camera e Senato si svolge in questi mesi un fenomeno curioso, visto che “alcuni parlamentari vogliono adeguare il matrimonio alle unioni civili, per esempio con l’abolizione dell’obbligo di fedeltà che non è previsto in queste ultime e c’è invece nel matrimonio, viene utilizzato come prova in sede di separazione. È molto significativo sul piano giuridico, perché anche la legislazione matrimoniale deve essere rinnovata, cosa che è stata fatta con la riduzione drastica dei tempi del divorzio. Anche per questo motivo il 2016 può essere considerato l’anno dei diritti civili”.
Tranne alcuni gruppi gay antagonisti che continuano a mantenere posizioni alternative, oppure i seguaci della teoria queer, per Grillini la pluralità delle associazioni è un valore: “Non è obbligatorio che ci siano contrasti insanabili tra un’associazione e l’altra, infatti la mia impressione è che questi conflitti rispetto agli anni Ottanta e Novanta siano molto ridotti. All’epoca molti mettevano in discussione la necessità di una legge sulle unioni civili, mentre oggi siamo all’estremo opposto: chi ci criticava allora, adesso lo fa perché non c’è il matrimonio egualitario. Almeno sui punti fondamentali c’è una discreta unanimità”.
Il presidente onorario di Arcigay si augura che in futuro avvenga una trasformazione: “Appena si cominciano a ottenere le leggi anche in Italia, bisogna pensare ad un nuovo ruolo del movimento LGBT come fornitore di servizi. Penso per esempio alle case rifugio per i giovani omosessuali, perché il fenomeno di gay, lesbiche e trans cacciati di casa esiste. Per fortuna sono riusciti a farle a Roma e a Milano. Inoltre, molti sono disoccupati o alla ricerca di consulenze per questioni psicologiche, giuridiche, di salute. Pochi sanno che il Cassero di Bologna ha destinato una parte del suo bilancio alle nuove povertà. Ecco, secondo me le organizzazioni LGBT si devono occupare anche di questo, lo trovo un dovere civile. Ovviamente le battaglie legislative non sono finite: mancano ancora il matrimonio egualitario, la legge contro l’omofobia e una seria campagna ministeriale contro le MTS. Bisogna mantenere nel frattempo la capacità di mobilitazione, perché è importantissimo fare le manifestazioni anche se qualcuno le critica e dice che sono troppe o sono esagerate: ricordo che senza le piazze del 23 gennaio non avremmo la legge Cirinnà”.
A proposito di prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, Grillini rammenta che “i primi dieci anni di Arcigay sono stati dedicati pressoché interamente alla battaglia contro l’AIDS, perché dall’85 al ‘95, quando la triterapia era di là da venire, dopo sei mesi dalla diagnosi si moriva. È stata un’autentica tragedia che ha colpito soprattutto le persone dai 35 anni in su, quelle che avevano potuto viaggiare e avere esperienze sessuali all’estero. Adesso la questione si è rovesciata: i più anziani hanno assimilato in qualche modo il messaggio della prevenzione, i più giovani purtroppo no. La recente diffusione del virus HIV tra i ragazzi è un dramma assoluto che obbliga tutti quanti noi a picchiare forte sul terreno della prevenzione e dell’informazione, anche se sappiamo che in Italia il vero nemico è la sessuofobia alimentata dal Vaticano. Dove si tenta di fare informazione e prevenzione hai sempre quei tre genitori che cercano di bloccare tutto, e penso che sia un atteggiamento criminale. Bisogna avere materiale che faccia riferimento esplicito ai rapporti sessuali e promuovere la diffusione stessa del preservativo coi distributori automatici nelle scuole”.
Nominato nel giugno scorso, il trentacinquenne Marco Giusta è, tra le altre deleghe, il nuovo assessore alle famiglie, alle politiche giovanili e alle pari opportunità della giunta di Chiara Appendino, ruolo che ricopre dopo una lunga militanza in Arcigay prima a Cuneo e poi nel capoluogo piemontese.
“Con la sindaca avevamo già avviato percorsi di collaborazione sui nostri temi, e nella stesura del suo programma aveva voluto incontrare le associazioni LGBT di Torino, per cui s’è creata una forte stima reciproca”, racconta Giusta. “Quando prima delle elezioni ha aperto la scelta degli assessori, attraverso l’invio dei curriculum, ho mandato il mio ed eccomi qui. Il fatto di avere alle spalle anni di associazionismo mi ha aiutato sicuramente per comprendere come funziona la pubblica amministrazione, pur non avendo mai fatto alcuna militanza nei partiti. Una volta che il mio incarico è stato formalizzato mi sono messo a studiare le questioni amministrative, trovando negli uffici grandi competenze”. Le polemiche suscitate dalla nuova denominazione del suo assessorato non lo hanno intimorito più di tanto, perché “ci siamo accorti che dovevamo favorire un’evoluzione del linguaggio ed è stato quasi un atto dovuto. I servizi che si rivolgono alle famiglie, così come la delega dell’assessorato della regione, sono già al plurale: comprendiamo ovviamente quelle di recente attualità – famiglie arcobaleno, unioni civili – ma anche tutti gli altri modi che esistono per fare famiglia. Su questi temi la città è già molto avanti, per cui non ho dato attenzione alle polemiche”.
Dopo il segnale forte della partecipazione della sindaca appena eletta al Torino pride di giugno e al T-DOR (transgender day of remembrance) di novembre, Giusta ribadisce che sui temi LGBT la giunta torinese ci mette la faccia: “Nei prossimi mesi vogliamo implementare il servizio LGBT, fiore all’occhiello del nostro comune, e dare nuova linfa a RE.A.DY, rete nazionale contro le discriminazioni per identità di genere e orientamento sessuale. Abbiamo aperto un tavolo con le realtà associative e i collettivi sul territorio per identificare quali sono i progetti più urgenti e costruire una città ancora più inclusiva, scrivendo assieme la programmazione per i prossimi cinque anni, tavolo dal quale sono arrivati molti spunti, dal lavoro nelle scuole all’inclusione delle persone trans e transgender, soprattutto sul tema del lavoro, dalla promozione culturale alla creazione di “case rifugio”. Un’altra iniziativa interessante è quella dell’assessorato al commercio assieme a un’associazione locale: l’idea è quella di investire di più sul turismo LGBT”.
Guardando alle politiche arcobaleno anche fuori dalla sua città, Giusta è convinto che dopo l’ottenimento delle unioni civili, traguardo importantissimo, ora occorra rilanciare: “Il matrimonio egualitario resta l’obiettivo fondamentale nella richiesta di uguaglianza dei gay e delle lesbiche di questo paese, perché da lì discendono una serie di parità formali e sostanziali nell’ambito giuridico, sociale e in quello culturale utili a scardinare davvero le discriminazioni della nostra società. Quello che vorrei tenessimo a mente è però il principio dell’autodeterminazione, della liberazione dei corpi, delle storie, dei sentimenti, senza cedere al compromesso di una situazione “normalizzante” come può essere quella del matrimonio: questi due aspetti, l’uguaglianza e i percorsi identitari, devono essere mantenuti insieme. Dobbiamo avere insomma un ansito rivoluzionario, noi che come diceva Mieli “abbiamo il gaio compito di reinterpretare ogni cosa”, per mettere davvero in discussione le strutture sociali che generano discriminazioni”. A proposito delle MTS, il nuovo assessore conferma di volersi occupare della questione “per fare due cose: combattere la mancanza di informazione che genera paura e stigma, e lottare contro la diffusione del virus HIV (e non solo). Dobbiamo fare informazione e non terrorismo sul tema, fornendo gli strumenti perché queste informazioni arrivino a destinazione e vengano recepite”.
Sulle politiche LGBT del Movimento 5 Stelle in parlamento, Giusta non si pronuncia: “In queste occasioni ricordo di essere assessore della giunta Appendino, per cui mi occupo delle tematiche locali. Questo non vuol dire che non mi interessi l’ambito nazionale. Quello su cui lavoro nella mia attività quotidiana deve però toccare in prevalenza la sfera torinese: posso dire che stiamo avendo ottimi risultati, e immagino che questi influenzeranno anche il livello nazionale. Tutto il resto riguarda altre persone e io, confesso, non ho proprio tempo per occuparmene”.