Con Sei bella davvero, di Francesco Motta, finalmente anche la musica italiana incontra il tema dei transgenderismo con un approccio finalmente naturale. Prima di parlare con il cantante, raccontiamo il difficile rapporto tra canzonetta italiana e universo trans.
(prima pubblicazione Pride gennaio 2017)
Motta, vincitore del premio Tenco 2016 con il bellissimo brano La fine dei vent’anni, ha riportato alla ribalta il tema del transgenderismo nella musica pop italiana con la pubblicazione del nuovo singolo Sei bella davvero. Il brano è dedicato a una trans e l’approccio è talmente poetico e delicato, ma insieme acuto e profondo, da risultare finalmente nuovo.
Prima di rivolgere qualche domanda all’autore della canzone, abbiamo voluto dare un’occhiata alla nostra collezione di dischi, alla ricerca di altri brani sul tema, certamente senza pretese di esaustività, ma con l’intento di mettere a fuoco alcuni fili rossi tra epoche e generi.
Il pezzo più antico nel quale ci siamo imbattuti è una copia destinata ai juke box di un 45 giri di Ghigo e gli Arrabbiati, Coccinella, dedicato alla parigina Madame Coccinelle, un’artista trans francese che nel ‘58 si sottopose a intervento per cambiare sesso. Siamo nella Milano ruggente di fine anni ‘50. Oltre ad essere una delle prime canzoni in assoluto di argomento attinente alle tematiche LGBT (ragione per cui fu severamente censurata dalla RAI) Coccinella è anche considerato tra i primi rhythm’n’blues e rock’n’roll della storia italiana e forse europea.
Il testo, noto anche nella versione rivisitata di Ivan Cattaneo, è innocuo e spiritoso e si mantiene in superficie, pur non rinunciando a quel tocco di trasgressione surreale che ben si sposa con l’ambientazione sonora: “Co-co-co / Tu mi piaci di più / se non ti vesti di blu / e metti quella gonna/ che ti stava tanto bene / O Coccinella”.
A rappresentare il filone cabarettistico, otto anni dopo, i Gufi citano addirittura Jacopone da Todi in La mamma del Giglio, ironica piagnisteo di una madre che lamenta l’uccisione del figlio, “giglio” che si prostituiva en travesti. Pur in un contesto lontanissimo dal cabaret, segue un simile canovaccio John dall’album La finestra dentro (1974) di Juri Camisasca, cantautore legato al giro di Franco Battiato, qui nel ruolo di produttore e mentore.
Fatto salvo l’indubbio valore musicale del brano, il testo indulge a un patetismo irrimediabilmente datato: “Aveva un trucco quasi perfetto, lo ingannava un poco la barba / evidentemente non aveva del cerone a sufficienza / Poi lo vidi salire su una macchina rossa come le sue labbra / fu quella l’ultima volta che vidi il mio caro amico John / Ma in compenso esiste ancora chi ci può dire cosa disse John prima di morire”.
Sempre a Battiato si deve la prima versione di Alexander Platz, in seguito portata al successo da Milva, ma denominata Valery nella versione di Alfredo Cohen, edita su singolo nel 1979 e come bonus track nell’unica ristampa su CD del 1998, oggi introvabile. La canzone era dedicata alla transessuale Valérie Taccarelli, conosciuta da Cohen a Bologna, nell’ambito del Circolo di cultura omosessuale 28 giugno, divenuto poi Cassero.
Nel testo di Cohen si rintracciano passaggi che verrano cantati dalla Pantera di Goro, nel 1983: “la bidella ti fa ripetere una lezione troppo antica: mi piace di più lavare i piatti, spolverare / fare i letti / poi starmene in disparte come vera principessa prigioniera del suo film / che aspetta all’angolo con Marleen… / Hai le borse sotto gli occhi tuoi di Liz Taylor / e suoni Schubèrt”. Non siamo lontani dall’atmosfera dolcemente retrò di Pierre dei Pooh.
È invecchiato bene, a quarant’anni di distanza, il testo che, pur sfiorando il patetismo, tratta la tematica con equilibrio: “Pierre scusami se ti ho riconosciuto però / sotto il trucco gli occhi sono i tuoi / non ti arrendi a un corpo che non vuoi / sono grande ed ho capito sai / io ti rispetto / resta quel che sei / tu che puoi”.
L’atmosfera diventa invece luccicante e irriverente nell’anno del punk, il 1977: il trucco viene esibito con ostentazione camp e il travestitismo guadagna una iconica statura glamorous. Due esempi su tutti: Divina (travestito story) di Ivan Cattaneo (un angelo sporco non ancora caduto / tu sei la regina del nostro night / un clown senza circo sopra una corda / tu sei una… divina divina”) e l’arcinota Mi Vendo di Renato Zero (seguimi io sono la notte / il mistero l’ambiguità).
Vogliamo poi ricordare De André non solo per la bellezza di Via del Campo, in cui affrontava, raccontando della genovese Morena, la “graziosa” dei carruggi di Genova, il tema dell’Avventura con un travestito in modo così tanto differente dalla inascoltabile prosopopea maschilista di Franco Califano, ma per Princesa, in cui il cantautore racconta la storia di una trans dalla prima presa di coscienza, al cambio di sesso, alla realizzazione del proprio sogno d’amore come amante ufficiale di un avvocato milanese. Il brano, splendido e composto con Ivano Fossati, è tratto dall’album Anime salve.
Sullo stesso tema si cimentano, con la consueta volgare banalità, gli Squallor di Casablanca: “Da quando sono stato a Casablanca / Grandi problemi al cuore non ho più / M’hanno levato quello che mi manca / Ma non importa, tanto ce l’hai tu”.
Meglio riesce a fare la veracità di Pino Daniele in Buono guaglione: “Chillo è nu buono guaglione / s’astipa ‘e sorde pell’operazione / E mi chiamerò Teresa / scenderò a far la spesa / me facce crescere ‘e capille / e me metto ‘e tacchi a spillo”.
E veniamo al 2016 di Motta: il tema assume in Sei bella davvero delle sfumature nuove: c’è il non detto, la consapevolezza lucida e antiretorica di un vissuto sofferto, la provocazione divenuta finalmente poesia. Insomma un testo nuovo: “Quelle scarpe giganti / Un nodo alla gola / Ti guardano tutti / Ma sei bella davvero / Per chi lo sa che anche stasera hai gli occhi rossi / E che quando va via il sole vuoi ballare / A tutti i costi”. Ne abbiamo parlato con lui.
Sei bella davvero parla di un personaggio transgender, la cui bellezza colpisce davvero, quasi fosse unica: in che cosa consiste la sua peculiarità?
L’argomento transgender è inspiegabilmente ancora tabù nelle canzoni. In Sei bella davvero si parla di bellezza in modo sincero, asciutto. A me e Riccardo Sinigallia emozionava molto immaginare di cantare di una donna transgender, cercando di stare con il testo su un filo in cui non lo si capisse fino in fondo, proprio per evidenziare la normalità. Una canzone d’amore resta tale per chiunque essa sia, non fa differenza!
A un certo punto canti “tutti ti guardano ma sei bella davvero”: sembra che tu alluda ai benpensanti, ma anche a tutti coloro che non sono in grado di cogliere una bellezza in qualche modo “diversa”. Qual è secondo te il tipo di sguardo necessario per recepire la particolarità di una bellezza lontana dai canoni socialmente condivisi?
Sono convintissimo del fatto che quasi tutte le persone che vedono con pregiudizi una bellezza diversa, si accorgano allo stesso modo di quella bellezza, nonostante facciano finta di no. Nella canzone il “ma sei bella davvero” è collegato al verso successivo: “Ti guardano tutti / ma sei bella davvero / per chi lo sa che anche stasera hai gli occhi rossi”. Spesso ai concerti il pubblico canta “E chi lo sa che anche stasera hai gli occhi rossi”: mi fa molto sorridere perché quel “per chi” è la chiave di tutto il testo…
Cosa hai voluto dire esattamente con un bellissimo verso come: “le tue scarpe giganti / un nodo alla gola”?
“Un nodo alla gola” è una frase che mi ha consigliato la mia ragazza. In particolare quei versi rappresentano gli indizi fisici del fatto che si parli di una donna transgender, anche se a un diverso livello semantico possono significare altro. Sono convinto che in ogni testo ci debba essere una urgenza comunicativa. Questa può essere esplicita o no e in questo caso, a parte alcuni versi, non voleva esserlo. Questo non perché non volessi assumermi le responsabilità, ma per sottolineare la normalità di cui parlo in questa canzone, come detto prima.
Il tipo di linguaggio che usi, sia nelle sonorità che nelle parole scelte, è estremamente asciutto: è pieno di rispetto, anche empatico, ma non cerca la retorica. Come sei arrivato a questa sintesi?
Come in tutte le altre canzoni de La fine dei vent’anni ho cercato di dire la verità, anche nel caso in cui non derivasse da una realtà vissuta, ma immaginata. Uno dei modi che ho per capire se un brano è pronto per essere pubblicato è ascoltarlo e scoprire se mi emoziona. Sei bella davvero è sicuramente uno fra quelli che mi emozionano di più.
Dicevi giustamente prima che l’argomento transgender nel 2016 è ancora tabù. Mi viene da chiedere: è così difficile parlarne?
No, non è difficile scrivere di tematiche transgender, quello che secondo me è difficile, in questi anni, è fare politica. E per politica intendo prendere una posizione. Sei bella davvero è una canzone politica perché è una canzone d’amore e non perché parla di una donna transgender.