Anche così il matrimonio gay diventa quotidianità ed entra nelle case degli italiani in prima serata, attraverso il mezzo televisivo, nel corso di una trasmissione nazional popolare. La cantante en travesti LaLa McCallan si è esibita nel talent show di Canale 5, portando davanti ai giudici Maria De Filippi, Gerry Scotti e Rudy Zerby, l’eleganza e l’autoironia che le hanno già fatto guadagnare l’affetto di un vasto pubblico italiano e internazionale, grazie alla popolarità dei suoi spettacoli teatrali e dei suoi video su YouTube. LaLa McCallan è un personaggio nato dalla creatività del bolognese Daniele Pacini, che la interpreta en travesti, e di suo marito, il canadese Stuart Lindsay. Ha stabilito un piccolo record a Bologna, dove da quattro anni è la stella del cartellone del Teatro Eden. Con un repertorio che spazia dal pop alla lirica grazie alla sua voce di oltre tre ottave di estensione, LaLa si produce in esuberanti duetti con se stessa, alternando trilli sopranili a un’insospettabile voce baritonale.
Nonostante i limiti imposti dal mezzo televisivo, dove i tempi scenici sono notoriamente ristretti rispetto al teatro, Daniele e Stuart hanno deciso di portare la loro creatura a questo programma per farla conoscere al pubblico di tutta Italia con la speranza che la grande audience televisiva potesse apprezzare l’elegante autoironia, l’irresistibile unicità e la capacità di stupire di questa “Diva di razza.” Con grande semplicità e naturalezza, o almeno quanta gliene consentiva il personaggio, in quell’occasione Daniele ha anche parlato del suo matrimonio con Stuart, sposato cinque anni fa in Canada.
Come nasce il tuo personaggio, a chi ti sei ispirato?
LaLa McCallan è nata dalla voglia di creare qualcosa di nuovo e originale che rappresentasse la sintesi di un’eleganza quasi smarrita nella nostra cultura. Non una caricatura, ma la celebrazione di una femminilità iperbolica e molto strutturata. Io ho contribuito a lei con la mia voce, ma molta della sua personalità è opera del mio co-autore Stuart Lindsay, che ha deciso da subito che LaLa doveva essere una diva sofisticatissima. Dagli inizi del progetto ci siamo mossi sempre di più in questa direzione. Non abbiamo avuto ovviamente un’ispirazione unica nel creare questo personaggio. C’è un tocco di Marilyn, una buona dose di Liza, una infarinatura di altre dive americane che non nomino nemmeno, e sicuramente un buon tocco di Maria Antonietta. A livello di personalità oggi LaLa rappresenta la parte migliore di noi due: è sempre impeccabile, sa sempre come risolvere ogni situazione con stile e, a differenza di noi due, non si arrabbia mai.
Quanto al nome?
LaLa (pronunciato alla francese con l’accento sull’ultima “a”) sono le sillabe che la gente usa per cantare una canzone quando non sa le parole, e dal momento che LaLa è una cantante ci sembrava particolarmente appropriato. Il cognome McCallan mi fu dato da Stefano Casagrande, storico attivista del Cassero di Bologna, un po’ perché parlavo sempre di andare nel Regno Unito, cosa che poi ho fatto, e forse anche per prendermi in giro sul fatto che sono astemio.
Com’è nata la tua passione per il bel canto e quali studi hai compiuto per arrivare a una tale preparazione?
Ho sempre avuto la passione per il musical e, come dicevo prima, mi sono trasferito a Londra per studiare alla Mountview Theatre Academy, una delle più prestigiose e costose scuole di teatro dell’Inghilterra. Non ho avuto una formazione vocale lirica, ma più generalmente teatrale. Per dieci anni ho lavorato in spettacoli musicali, sia in Inghilterra sia successivamente negli Usa e in Sud America, dove ero il classico male lead, cioè il cantante maschile principale affiancato da bellissime ballerine e ballerini. Poco prima di lasciare Bologna per Londra però dovevo partecipare a uno spettacolo al Cassero nel quale avrei cantato My Way (di Frank Sinatra) in duetto con Alessandro Fullin. All’ultimo minuto Fullin cambiò idea e mi chiese se mi sarebbe dispiaciuto cantarla da solo. Io non volli rinunciare all’idea del duetto, quindi la cantai “con me stesso”, alternando la voce dal registro baritonale a quello sopranile. Il pubblicò andò in visibilio, e credo quella fu l’esperienza da cui molti anni dopo è scaturita LaLa.
Come prepari le tue esibizioni, hai un maestro che ti segue?
No. Potrei averlo se cantassi solo repertorio classico o solo repertorio moderno. Ma la caratteristica unica di LaLa è proprio quella di iniziare con pezzi pop o easy listening per terminare sempre con arie liriche vere e proprie, passando spesso anche attraverso il jazz e il soul. Non esiste una tecnica formale che insegni a cantare con due vocalità, maschile e femminile, attraverso sei o sette generi musicali diversi. È una abilità che ho sviluppato da solo, ovviamente senza pretese di perfezione filologica, ma con grande attenzione ai possibili risvolti autoironici che ogni pezzo offre.
Chi sono le tue cantanti preferite?
In generale ci sono tre caratteristiche che ammiro: la capacità di rompere gli stereotipi vocali, la capacità interpretativa e l’originalità. Per questo le mie preferite vanno da Mariah Carey, i cui arrangiamenti vocali sono geniali al punto di diventare barocchi, a Barbra Streisand, per la capacità di interpretare al massimo i testi delle canzoni che canta, fino a Teresa De Sio, che canta con l’anima e che va dritta al cuore di chi l’ascolta.
Se tu potessi ipotizzare un tuo duetto ideale?
Mi piacerebbe fare la guest star di un cantante rap tostissimo, tipo 50 cent. Recentemente mi sono divertito molto collaborando a due pezzi nell’album dei L.ego (la band che ha fatto la cover rock di “Pedro” di Raffaella Carrà) e al singolo “Crash” di Immanuel Casto, per il quale ho registrato un breve cameo vocale.
Trucco e costumi, fai tutto da solo?
Il design del mio make up è opera di un bravissimo truccatore, il mio caro amico Sergio Porcedda, che mi ha insegnato tutto quello che so. Uso sempre Sergio per le foto ufficiali e per i video, ma a Italia’s Got Talent non ho potuto portarlo e ho fatto da solo. Le acconciature sono tutte rigorosamente opera di LaLa McCallan, e i costumi sono disegnati da me e realizzati da Stuart, a volte con l’aiuto di costumisti professionisti. Nonostante facciamo molte cose da soli, i costi delle materie prime e i lunghissimi tempi di realizzazione portano i nostri costumi a costi astronomici.
Come sei arrivato a Italia’s Got Talent?
Ho fatto la mia brava domanda online e ho sostenuto un primo provino davanti agli autori, esattamente come la maggior parte degli oltre 7000 concorrenti di quest’anno.
Qualche aneddoto del dietro le quinte?
È stata un’esperienza incredibile. Un po’ come un giro sull’ottovolante, senza la cintura di sicurezza. Non abbiamo fatto parola con nessuno della nostra partecipazione, neanche dopo la registrazione della prima esibizione davanti ai giudici perché, nonostante tutti fossero stati molto gentili con noi, eravamo terrorizzati da quello che poteva essere il montaggio finale. Invece gli autori del programma hanno capito perfettamente il nostro personaggio, e hanno presentato LaLa meglio di come avremo fatto noi stessi. Dietro le quinte il programma si articola in tutta una serie di lunghe attese, necessarie per gestire il grande numero di concorrenti con esigenze e talenti molto diversi tra loro. Però dalla semifinale si ha la possibilità di collaborare con professionisti eccellenti, come Pino Perris (vocal coach di Emma, Marco Carta, Alessandra Amoroso) e naturalmente Garrison, geniale e istrionico come nessuno. Le prove poi si svolgono nella scuola-set di Amici, e trovarsi in quelle sale faceva un effetto molto surreale.
Tu sei sposato da ben 5 anni con Stuart, che collabora con te al progetto Lala. Vuoi raccontarci qualcosa della vostra storia, come vi siete conosciuti, come avete deciso di sposarvi, com’è la vita da sposati, come vivete il vostro matrimonio in una nazione come l’Italia dove ovviamente non è riconosciuto?
Ho conosciuto Stuart durante le prove di uno spettacolo a Miami. Quella prima volta non abbiamo parlato molto, ma l’anno successivo ci siamo trovati a lavorare insieme nella stessa rivista musicale per una nave da crociera. Ci siamo messi insieme il giorno del suo compleanno. Poi siamo venuti a stare in Italia, e dopo un paio di separazioni di qualche mese dovute ad altri impegni di Stuart abbiamo deciso di sposarci a Vancouver, la sua città natale. Ci siamo sposati semplicemente per celebrare quello che c’era tra di noi. La cosa bella per me è stata vedere l’assoluta naturalezza con la quale si può fare tutto questo in Canada, e l’incredibile tranquillità con la quale le persone si congratulavano con noi. Tornati in Italia, il nostro certificato di matrimonio per la legge non vale di più della carta su cui è scritto. Il fatto è che, non essendo entrambi cittadini europei, abbiamo dovuto (e dobbiamo tuttora) passare l’ordalia del permesso di soggiorno, che viene automaticamente concesso per corrispondenza a qualsiasi sposa extracomunitaria di un cittadino italiano, ma che per noi è legato esclusivamente a contratti di lavoro. Un vero incubo, alla faccia di chi mente dicendo che non esistono problemi che non si possono risolvere con semplici autocertificazioni.
Una tua riflessione sulle molte coppie che vivono la vostra stessa condizione in Italia?
Mi sono trovato recentemente a rispondere alla domanda di una ragazza che mi diceva: “La mia ragazza vuole sposarmi, ma se in Italia non riconoscono il matrimonio, che senso ha?”. Le ho risposto: “Se potessi sposarla legalmente lo faresti? Allora fallo, perché puoi”. Il senso di questo discorso è che credo che le cose cambieranno quando cambierà il nostro atteggiamento verso di esse. Se tutti i gay che vogliono sposarsi lo facessero, all’estero o meno, e lo dichiarassero, la gente si abituerebbe alla normalità della cosa, e si evidenzierebbe ancora di più il divario che già esiste tra il sentire comune e le leggi arretrate. Per questo quando Maria De Filippi mi ha chiesto dove vivevo, ho risposto con assoluta normalità che Daniele vive a Bologna con suo marito. Da allora il programma ha ribadito più volte questa cosa, ma sempre con assoluta normalità. Quando qualcuno su Facebook ha detto che la partecipazione di LaLa a Italia’s Got Talent ha il potenziale valore di un paio di pride, penso che intendesse proprio questo.
Progetti futuri, sogni, ambizioni?
Vorremmo portare lo spettacolo di LaLa McCallan in ogni città d’Italia, e conoscere e ringraziare di persona tutti quelli che ci hanno mandato una incredibile valanga di affetto dopo averci visto in televisione.